Coronavirus

Finita l’emergenza, Borrelli potrebbe lasciare la protezione civile

Il capo della protezione civile non ha vissuto bene la nomina di Domenico Arcuri a commissario straordinario. Si parla di mal di pancia e di possibili ritirate

Finita l’emergenza, Borrelli potrebbe lasciare la protezione civile

Si dice che quando tutto sarà finito servirà un ministero per la Ricostruzione. Nessuno nega, infatti, che quanto sta accadendo ha gli stessi effetti di un conflitto bellico. Ma questo accadrà dopo, se mai. Prima, la guerra, bisogna vincerla. A questo scopo si lavora senza tregua. La protezione civile e il suo capo, Angelo Borrelli, così come medici e infermieri, sono in prima linea. Pronti a rispondere agli attacchi invisibili del coronavirus.

Le armi sono poche, molto spesso solamente mascherine. In tutto questo marasma, fatto di strategia politica e fiducia matta nella scienza, c’è però un particolare che vale la pena sottolineare: attenti al fuoco amico. Già, perché tra i palazzi della politica si gioca una partita a scacchi. E il potere è sempre una buona ragione per litigare. La nomina a commissario straordinario per l’emergenza coronavirus del manager, Domenico Arcuri, a molti non è piaciuta.

È stata vissuta nel quartier generale della protezione civile decisamente come un’ingiustizia. Quantomeno perché nel decreto "Cura Italia" si tracciano i reali compiti conferiti all’amministratore delegato di Invitalia. È un gioco tra le parti. Una faida intestina che si vive in trincea tra commilitoni. Quando l’umore delle truppe non è dei migliori. Le prerogative di Arcuri sono ampissime: dall’emergenza sanitaria (con l’organizzazione, l’acquisizione e la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l’emergenza stessa), al reperimento delle risorse umane.

A Borrelli, che dirige il dipartimento e che, in realtà, la nomina a commissario la ha avuta dal premier Giuseppe Conte solo verbalmente, questo non andrebbe proprio giù. Avrebbe anche pensato di rassegnare le dimissioni. Durante l’ultima riunione che si è svolta con lo stesso Arcuri e con il ministro Francesco Boccia, avrebbe detto che, se il decreto non veniva rimodulato, avrebbe lasciato. E che comunque, per evitare di farlo in un momento così difficile per il paese, avrebbe eventualmente rinviato la decisione alla fine dell’emergenza.

La questione sembra essere rientrata quando si è scoperto che il lavoro di Arcuri, secondo l’ultima versione del Dpcm, "si svolgerà in raccordo con il capo del dipartimento della protezione civile, avvalendosi delle sue componenti e delle strutture operative del servizio nazionale, nonché del comitato tecnico scientifico costituito presso detto dipartimento". E, dunque, il ruolo di Borrelli sarà sempre rilevante e di grande importanza.

Dall’entourage del neo commissario di tensioni non vogliono sentir parlare. Ci si nasconde. Si tergiversa. Si finge, neppure troppo bene, unità sul campo. "La decisione di nominare un’altra persona - viene spiegato dal Messaggero - è stata presa unicamente perché Borrelli da solo non poteva farcela. Si era già deciso di portare la centrale degli acquisti, attraverso la Consip, a Palazzo Chigi". Smentiscono possibili ritirate: "Il capo della protezione civile non ha mai parlato di dimissioni".

Ma tant’è. Per molti è evidente che Borrelli sia su tutte le furie. O comunque, più pacatamente, non sia rimasto contento per la nuova nomina. Avrebbe accettato la decisione solo perché alla fine è stata trovata una soluzione ragionevole. "Certamente nei primi giorni bisognerà trovare una quadra, ma si lavorerà fianco a fianco. C’è talmente tanto da fare che di certo il lavoro non mancherà", spiegano. I malumori però restano. E chissà se Borrelli starà al gioco. Proprio ora che un'altra pedina ingombrante è atterrata in Lombardia.

Si chiama Guido Bertolaso, l'uomo delle emergenze.

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