La trattativa tra governo e Regioni per fissare la data delle elezioni (rinviate per il coronavirus) potrebbe trovare un punto di sintesi: via libera al voto in estate (richiesto da Liguria, Veneto e Campania). Ma con alcune novità che tengano conto dell'emergenza e delle restrizioni (anche se allentate dal 4 maggio) che potrebbero restare in vigore per tutto il 2020. Si tratta, ovviamente, di ipotesi che stanno accompagnando la discussione prima della decisione. Il decreto del governo darebbe il via libera alla consultazione in un arco di tempo compreso tra metà luglio (12 luglio) e ottobre. Lasciando alle Regioni la responsabilità di scegliere la data. L'esecutivo invierebbe, però, ai governatori alcune raccomandazioni: intervenire in tempi rapidi su sistema elettorale e procedure per la presentazione delle liste. Il governo non può incidere direttamente sulla legge elettorale, materia di esclusiva competenza dei Consigli regionali. Ma può accompagnare l'approvazione del decreto con alcuni suggerimenti, che dovrebbero essere recepiti (trasformati in legge) dalle assemblee regionali.
La prima indicazione riguarderebbe la raccolta delle firme per la presentazione delle liste: solo i partiti che hanno una rappresentanza parlamentare sono esentati dalla raccolta delle firme. Liste civiche e altre formazioni politiche (non presenti in Parlamento) sono obbligate alla raccolta di sottoscrizioni (il numero varia di regione in regione) per prendere parte alla competizione elettorale. L'idea del governo sarebbe di inserire nel decreto un invito alle Regioni ad abbassare il numero di firme necessarie alla presentazione della lista o addirittura eliminare tale obbligo. Se Liguria, Veneto e Campania dovessero fissare la data del voto il 12 luglio, le liste andrebbero consegnate entro il 12 giugno. Sarebbe una follia avviare la raccolta di firme nelle prossime settimane, tra divieti, restrizioni e lockdown. Su questo punto non si registrano divisioni tra governo e Regioni.
La seconda indicazione, ipotesi al centro di aspre discussioni, sarebbe la reintroduzione a livello regionale (e in via provvisoria) di un mini-porcellum: listini bloccati per eleggere i Consigli regionali nelle 6 regioni (Veneto, Campania, Marche, Toscana, Liguria, Veneto e Puglia). Via le preferenze, per evitare una campagna elettorale porta a porta e raduni elettorali. L'obiettivo è bloccare assembramenti elettorali. Ma soprattutto che la competizione si trasformi in una caccia agli untori. In questo caso sarebbe richiesto un passaggio nelle assemblee regionali per modificare la legge elettorale. Ma è scontato che le forze politiche trovino in un secondo l'accordo per reintrodurre un sistema di nominati. Due ipotesi su cui i presidenti di Regione e il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia ragionano. Nulla è deciso.
Il Consiglio dei ministri convocato per questa sera, per l'approvazione del decreto con la data del voto, potrebbe slittare. Sulla data resta una spaccatura.
Il presidente del Veneto Luca Zaia spinge per il voto in estate. Pd e Cinque stelle sono contrari. Si proverà a tenere insieme due fattori: assicurare un funzionamento democratico delle assemblee regionale e rispettare le condizioni di sicurezza sanitaria.
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