Il fisco italiano diventa buono, ma solo a posteriori. La notizia del boom della rottamazione non è sfuggita a Matteo Renzi che ieri via Facebook si è preso la rivincita su chi gli diceva che la quasi sanatoria delle cartelle esattoriali era merce di scambio per il referendum.
Qualche anno fa, ha scritto l'ex premier, Equitalia faceva notizia «per i suicidi di piccoli imprenditori o risparmiatori vessati dai pagamenti. Oggi Equitalia, che a luglio sarà definitivamente chiusa grazie alla nostra riforma, fa notizia perché 600mila cittadini hanno deciso di aderire alla rottamazione delle cartelle e la metà di loro lo ha fatto online. Quindicimila richieste al giorno». È «il modello di Fisco 2.0» che serve al Paese, dice Renzi.
Difficile considerare una riforma strutturale il successo di una mezza sanatoria. La rottamazione non risolve la tragedia di un fisco eccessivo e penalizzante. Se ci sono tanti italiani raggiunti da cartelle non è solo per propensione all'evasione o perché oggi l'amministrazione tributaria preferisce la compliance alla repressione (ricordate le retate nelle mete turistiche di lusso?).
Il dato è che ogni giorno 15mila contribuenti si mettono in fila per pagare il dovuto, risparmiando qualcosa sulla multa. Disposti a saldare il debito con il fisco. Specchio dei tempi: un tempo con le rate si pagava il mutuo o i beni di consumo, oggi ci si garantisce il perdono del fisco.
La rottamazione consente di pagare le cartelle senza sanzioni o interessi di mora, ed è stata prorogata fino al 21 aprile. Apertura pomeridiane per gli uffici Equitalia e straordinari per gli impiegati delle 15 sedi che hanno registrato maggiore affluenza. Decisione dell'amministratore delegato Ernesto Maria Ruffini. In fila per pagare e regolare i conti con il fisco. Numeri da record per il portale di Equitalia: in tre mesi 4,3 milioni di accessi rispetto agli 1,4 milioni del 2016. Efficienza (a parte i casi di file e malori in città impegnative come Roma) applicata al recupero di somme che gli italiani devono al fisco.
Il dato politico è che sul recupero dell'evasione - con le buone o con le cattive - gli ultimi governi contano moltissimo. Nella manovra che si appresta a varare l'esecutivo Gentiloni, gran parte delle entrate verranno dal recupero di evasione, in particolare dell'Iva.
Gli ultimi dati non sembrano incoraggianti. Negli ultimi tre anni l'evasione Irpef da lavoro dipendente e autonomo è incrementata del 19,7%, passando da 29,5 miliardi di euro a 35,3 miliardi, ha calcolato ieri l'agenzia Adnkronos elaborando dati del ministero dell'economia. La crescita riguarda tutte le categorie. Nel lavoro autonomo e di impresa l'evasione è passata da 25,5 miliardi a 30,2 miliardi (+18,2%); mentre la parte non versata dal lavoro dipendente (irregolare) da 3,9 miliardi è salita a 5,1 miliardi (+30,4%).
Difficile promettere recuperi record, a meno che non si decida varare aumenti della pressione fiscale mascherati, ad esempio tagliando delle agevolazioni. Una sforbiciata alle tax expenditures è in programma. Sarà «selettiva», promette il governo. L'esperienza insegna che il taglio alle spese fiscali generalmente fallisce, perché l'unico modo per farlo in modo efficace, cioè garantendo entrate consistenti, è toccare le detrazioni per le spese sanitarie.
Tutto quello che non è un taglio generalizzato della pressione fiscale non favorisce l'emersione e, semmai, fa crescere il sommerso. Lo schema si ripete dagli anni Settanta. La spesa pubblica sale, la pressione fiscale di conseguenza aumenta e così cresce l'economia sommersa. Evasione totale o parziale.
Poi c'è la burocrazia che favorisce gli errori da parte dei contribuenti. Salvo poi sanare con ravvedimenti operosi e altri strumenti della compliance fiscale.La politica italiana è bravissima nel trovare soluzioni temporanee a spese dei contribuenti. Molto meno a tagliare le tasse.
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