La notizia sembrerebbe di quelle da catalogare sotto la voce lotta all'evasione. Il fisco acquisirà i dati di chi si è iscritto all'anagrafe degli italiani residenti all'estero. Saranno i Comuni a dovere comunicare i nomi e le informazioni dei 4,5 milioni di italiani che sono andati ad abitare stabilmente fuori dai confini nazionali. Obiettivo, avviare controlli sui patrimoni degli espatriati, puntare il faro su ricchezze non dichiarate e sui possibili attività che facciano pensare ad evasione di tasse e tributi italiani.
In sostanza, chi ha abbandonato il Paese, per lavoro o altre ragioni, diventa un po' più sospetto di altri agli occhi del fisco, con buona pace dell'era della «collaborazione» con i contribuenti che dovrebbe essere la cifra dell'amministrazione tributaria dell'era Renzi.
I primi a finire sotto la lente dell'Agenzia delle entrate saranno gli italiani residenti all'estero che non hanno aderito alle precedenti versione della voluntary disclosure per l'anno di imposta 2010.
Sicuramente si tratta di un «incentivo» introdotto al governo per convincere i contribuenti ad aderire alla versione di quest'anno. E un modo per dire che la residenza all'estero non salva dai controlli. Ma anche un modo per fare cassa con gli emigranti 2.0.
Una versione moderna e fiscale (i soldi vanno allo Stato e non alle famiglie) delle vecchie rimesse degli emigranti, che non sono tanti quanti erano negli anni Venti, ma sono sempre di più. Gli ultimi dati del registro, dicono che nel 2015 ad espatriare sono stati 107 mila. Il 6,2% in più del 2014.
Nel 2010 gli italiani residenti all'estero erano 2,3 milioni, oggi più del doppio. Tra questi ci sono sicuramente i cervelli in fuga. Fenomeno che il premier Matteo Renzi vorrebbe depurare dalle connotazioni negative. «Basta retorica», ha sostenuto recentemente.
C'è da sperare che il fisco non si accanisca con i ricercatori italiani fuggiti dall'università baronale italiana e che magari hanno deciso di mettere i risparmi in qualche investimento all'estero.
Ma c'è un'altra categoria che potrebbe rischiare di attirare le attenzioni del fisco. Sono i pensionati che hanno deciso di approfittare della legislazione favorevoli di alcuni paesi per trasferirsi. Sono già 500 mila e hanno scelto Paesi come Portogallo, Bulgaria e Spagna (Canarie). Nel 2014 i pensionati espatriati sono aumentati del 40%. Legittimamente, percepiscono una cifra vicina al lordo della loro pensione e vivono in Paesi che hanno un costo della vita inferiore rispetto al nostro. Le istruzioni dell'Agenzia delle entrate per i residenti all'estero prevedono che i redditi da pensione siano tassati in Italia, tranne che nei Paesi dove ci sono accordi contro la doppia imposizione. Alcuni Paesi hanno visto bene di fare concorrenza al fisco italiano e hanno abbassato l'aliquota sulle pensioni, attirando soprattutto i nostri pensionati. Iscritti al registro dei residenti all'estero anche loro. Nessuno li può accusare di evadere tasse, ma di elusione, magari, sì. Ad esempio se solo la residenza è all'estero mentre la dimora dovesse risultare ancora in Italia.
Senza contare che, con la nuova norma, si potrà creare una banca dati che il fisco potrà utilizzare in caso di una stretta sui pensionati emigrati.
Non è fantascienza. Qualche tempo fa il presidente dell'Inps Tito Boeri segnalò l'alto costo per le casse pubbliche del fenomeno e propose di ricalcolare gli assegni dei pensionati all'estero, tagliando la parte retributiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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