Gian Maria De Francesco
Roma Con il passare dei giorni prende sempre più consistenza l'idea che sia la Lega il perdente della battaglia per le risorse nella legge di Bilancio. Ieri tanto il ministro dell'Economia Giovanni Tria quanto il premier Giuseppe Conte hanno voluto dare un'immagine rassicurante del governo nei loro impegni istituzionali e, di certo, non è stata una casualità che la flat tax sia passata in secondo piano nelle loro dichiarazioni. Tuttavia il presidente del Consiglio, nel dibattito a porte chiuse al Forum Ambrosetti, ha citato la parola «condono» come «funzionale ad avviare la riforma fiscale». In serata la retromarcia («Non ha parlato di condono ma di pace fiscale per ripartire da zero», precisa Palazzo Chigi).
Il titolare del Tesoro, impegnato nell'Eurogruppo a Vienna, ha mostrato molta determinazione (nonostante il mal di gola) nello smentire i retroscena che lo indicavano come quinta colonna della Commissione Ue nell'esecutivo. Tria, insomma, ha negato di aver sminuito i due vicepremier parlando con Dombrovskis e Moscovici. Difficile, però, argomentare altrimenti il consenso raccolto dal ministro dell'Economia in ambito europeo. «È evidente che i mercati per un certo periodo non hanno creduto alle dichiarazioni ufficiali del governo, forse ora cominciano a credere al nostro impegno», ha detto ribadendo che «la flat tax non è fuori dal tavolo, ci sono margini per far partire le varie riforme: tutto verrà fatto gradualmente nel corso della legislatura». Maggiore enfasi, tuttavia, è stata data al piano a costo zero per sboccare gli investimenti e l'utilizzo dei fondi europei più che su altre misure.
I sospetti circa la possibilità che la Lega finisca con l'essere buggerata dai suoi alleati sono diventati più concreti allorquando il premier Giuseppe Conte, inaugurando la Fiera del Levante di Bari, ha specificato che «il reddito di cittadinanza e la riforma fiscale sono due pilastri su cui lavoreremo per realizzare una manovra economica che contenga misure di equità sociale». Anche il presidente del Consiglio ha giurato fedeltà alla politica di bilancio comunitario, assicurando che l'esecutivo non è composto da «scriteriati». Concetti ribaditi a Cernobbio. «Non c'è niente di eversivo nella nostra politica economica: alcune misure saranno dosate in cinque anni», ha precisato. La pace fiscale, evocata anche da Salvini, resta l'ultima speranza per recuperare risorse in maniera strutturale. Dunque non sarà un una tantum. È probabile, comunque, che ci si concentri su una limatura dell'aliquota Irpef più bassa dal 23 al 22 per cento. Se ne parlerà da domani nei vertici di maggioranza.
«Queste sono mosse inutili da zerovirgola allo studio dei governi di centrosinistra e che il centrodestra ha sempre criticato», ha commentato Guido Crosetto
di Fdi. «Matteo, non chiamarla flat tax, ma piccolo compromesso raggiunto con il M5S», ha sottolineato Renato Brunetta di Forza Italia. Se la Lega non farà la voce grossa, rischia di perdere consensi nella base elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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