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Fisco, Ue e presidenzialismo: il piano d'azione della Meloni

Fisco, Ue e presidenzialismo: il piano d'azione della Meloni

Roma - Giorgia «l'underdog», è lei a definirsi così. «Lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici»: prima donna premier nella storia d'Italia, di un'area culturale «spesso ai margini della Repubblica», non sostenuta da famiglia o amicizie influenti. A metà mattina Meloni parla nell'aula di Montecitorio e il suo discorso programmatico è forte e appassionato, orgogliosamente di destra, dai toni sempre d'attacco e a tratti eroici. Un discorso di sfida, anche quando vuole rassicurare, che guarda all'Italia che sarà fra 10 anni e chiede di essere giudicata per ciò che dice e fa. «A volte riusciremo, a volte falliremo, ma state certi che non ci arrenderemo, non indietreggeremo, e non tradiremo le speranze in noi riposte». Le donne, l'Europa, l'Ucraina, l'energia, il presidenzialismo, il fascismo, la mafia... Più di un'ora di intervento, tra i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, di Lega e Forza Italia, rappresentazione plastica di un centrodestra che, dice, ha già mostrato coesione e unità d'intenti nella celerità in cui ha lavorato a questo governo. Di fronte a sé, nella parte sinistra dell'emiciclo, Meloni ha le diverse opposizioni, cui propone di confrontarsi nell'interesse del Paese, avvertendo però che se ci saranno no ingiustificati, la maggioranza non si fermerà. «Sia chiaro - spiega, riferendosi al presidenzialismo- che non rinunceremo a riformare l'Italia di fronte ad opposizioni pregiudiziali». Ricorda che è il momento del centrodestra, dopo 11 anni di «governi deboli, eterogenei, senza un chiaro mandato popolare». Questa «grande anomalia italiana» s'interrompe con un governo legittimato dal voto e deciso ad andare avanti per 5 anni. «Se per farlo dovremo scontentare alcuni potentati, o fare scelte che potrebbero non essere comprese nell'immediato da alcuni cittadini, non ci tireremo indietro. Perché il coraggio, di certo, non ci difetta». Qualche colpo di tosse, molti bicchieri d'acqua per schiarirsi la voce (uno lo chiede a Salvini, con un sorriso complice) tra tanti applausi e standing ovation, che lei cerca di fermare. «Così famo le 3», sussurra ma a microfono aperto. Con Mario Draghi Giorgia sottolinea la continuità, nelle scelte di schieramenti internazionali, dalla parte dell'Occidente, dell'Europa, della Nato. Loda «la disponibilità per garantire un passaggio di consegne veloce e sereno al nuovo governo, nonostante, per ironia della sorte, fosse guidato dal presidente dell'unica forza politica di opposizione». É anche un modo per marcare le differenze, ma sulla guerra la linea è unica: «L'Italia continuerà ad essere partner affidabile in seno all'Alleanza Atlantica, a partire dal sostegno al valoroso popolo ucraino che si oppone all'invasione della Federazione Russa». Cita Papa Francesco e Steve Jobs, Paolo Borsellino e Giovanni Paolo II, ma inizia con le donne che nella storia hanno aperto la strada a lei, prima a capo del governo in Italia. «Uno dei tanti pesi che sento gravare sulle mie spalle», una grande responsabilità che richiede un grazie a quelle «che hanno osato, per impeto, per ragione, o per amore». Da Cristina Trivulzio di Belgioioso, «elegante organizzatrice di salotti e barricate» a Rosalie Montmasson, «testarda al punto da partire con i Mille», da che Alfonsina Strada «che pedalò forte contro il vento del pregiudizio» a Maria Montessori, o Grazia Deledda, Oriana Fallaci, fino a Marta Cartabia, Elisabetta Casellati, Samantha Cristoforetti. È il discorso che avrebbero voluto fare tutte le donne di sinistra presenti, invece tocca a lei. Lei che è di destra, ma non ha «mai provato simpatia per i regimi antidemocratici, fascismo compreso» e ha «sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna». Meloni vuole fare chiarezza anche sull'Europa. «Non concepiamo l'Ue come un circolo elitario con soci di serie A e di serie B». Dice che dentro le istituzioni europee «l'Italia farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande nazione fondatrice, non per frenare o sabotare l'integrazione europea, ma per indirizzarla verso una maggiore efficacia». Il Pnrr, sottolinea, è una grande opportunità, anche culturale, parla di Covid e modello da non replicare, di tassa piatta, di riduzione del cuneo fiscale, di aiuti alle imprese che assumono e, fatalmente, del reddito di cittadinanza, «grande sconfitta» per come è stato concepito e attuato. E Meloni cita Papa Francesco: «La povertà non si combatte con l'assistenzialismo, la porta della dignità di un uomo è il lavoro». Patria e Nazione, famiglia e natalità, istruzione e merito, sono parole-chiave. Sicurezza e legalità vogliono anche dire immigrazione non clandestina, ma attraverso flussi programmati e rispettando il diritto d'asilo. Giorgia, entrata in politica a 15 anni, il giorno dopo la strage di via D'Amelio, cita Borsellino, Falcone, i tanti eroi di questa guerra. «Affronteremo il cancro mafioso a testa alta. Da questo governo criminali e mafiosi non avranno altro che disprezzo e inflessibilità». La sua è una risposta anche a chi, dall'estero, vuole vigilare sul nostro Paese. «Rispetto per il popolo italiano, che non ha lezioni da imparare». Alla fine, con la fiducia, scatta il coro da stadio: «Giorgia, Giorgia!». Gli applausi frenetici sono solo dal centrodestra, il resto è gelo.

Ma alla guida della nave, «la più bella del mondo, pur con le sue ammaccature», ora c'è lei.

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