Elogiatelo o condannatelo, se credete, ma non definite Raffaele Fitto un ribelle. Non gli si confà al carattere, allo stile, alla biografia, al modo di parlare, di vestire, di pettinarsi. Fitto è nato democristiano nella città natale di Aldo Moro e alle elementari era già governatore in pectore, sulla scia di suo padre. Ne prese il posto da ragazzo, per la morte prematura di suo padre Totò in un tragico incidente; non era maggiorenne quando pronunciò, davanti alla salma di suo padre, un discorso memorabile di autoinvestitura politica nel nome del padre, che commosse tutti. Diventò presto leader nel Leccese, e «Salento Salento» arrivò a Bari da governatore. Vi arrivò un po' da colonizzatore, vista l'antica ostilità tra Lecce e Bari, approfittando della morte prematura di Tatarella che aveva lasciato sguarnito il califfato di Bari. Ma Fitto si mosse bene e governò con prudenza. Buon amministratore, scarso comunicatore, si fece poi battere da Vendola perché ebbe l'idea un po' infelice sotto elezioni di chiudere alcuni ospedali malandati e di presentarsi come risanatore dei conti; ma alla gente interessano più gli ospedali che i bilanci. E Vendola, preso sotto gamba, ebbe facile gioco con le sue arti affabulatorie di poeta e demagogo a vincere la partita, anche se era dato per perdente. A Vendola, Fitto offrì il bis perché non accettò accordi nel centrodestra per opporgli candidature più forti ma più indipendenti da lui. Nel tempo Raffaele ha mantenuto il profilo coerente di un giovane notabile democristiano, rispettabile centrista, con un suo partito personale pugliese, poco spazio alle idee e alle novità, più attento alla gestione del territorio. Un tempo delfino di Berlusconi, ora vogliono farlo passare per piraña anti-Silvio, ma non è nel suo temperamento. Il problema è che se non hai seguito gli alfaniani, non vuoi patti con Renzi, non vuoi sterzare a destra e detesti il lepenismo di Salvini (ma Bossi secessionista ed estremista, partner per tanti anni, andava bene?), lo spazio che resta è stretto e indefinito. Solo un politico audace e visionario potrebbe tentare l'impresa di fondare un centrodestra che non c'è.
Ma un oculato, pettinato, stimato democristiano potrà mai rivoltare il reale nel nome dell'ideale? Potrà mai compromettere la permanente per salire sulle barricate? E poi se Bari, per lui leccese, era già terra straniera, Roma e Milano non sono su un altro pianeta? Chissà se vedremo un giorno un Fitto in versione scapigliata e scamiciata, con inflessione grillina, che incita alla rivolta, con sprezzo del pericolo e della pettinatura.
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