"Flat tax e salario base". Due bufale per ripartire

Salvini prova a lanciare i nuovi temi. Di Maio lo gela: «Chi propone leggi porta coperture»

"Flat tax e salario base". Due bufale per ripartire

Il rilancio della flat tax si risolve nel più classico dei metodi per affossare le riforme impossibili. Un «tavolo» per discuterne. Nessuna scadenza, nessun testo, nemmeno in bozza. Abbastanza per fare dimenticare la vicenda Siri e forse lanciare quelle che - dopo Quota 100 e reddito di cittadinanza - potrebbero diventare le parole d'ordine della prossima legge di Bilancio: tassa piatta e salario minimo.

Il vicepremier Matteo Salvini ha svelato la strategia di Lega e Movimento 5 stelle già mercoledì sera quando ha annunciato l'approdo della tassa piatta al tavolo del consiglio dei ministri durante il quale è stato revocato l'incarico del sottosegretario leghista alle Infrastrutture, costringendo Luigi Di Maio a rilanciare, accelerando con il salario minimo. Ma ieri mattina, alla vigilia del consiglio, delle due misure non c'era più traccia. Nessun dettaglio in più rispetto ai progetti di Lega e M5s. Zero convocazioni delle parti interessate, uffici dei ministeri presi di sorpresa.

Al termine della riunione del governo il tutto è stato ricondotto alla proposta minima di Di Maio: «Propongo un tavolo su flat tax e salario minimo». Quindi discussione sulla riforma fiscale inserita nel contratto del governo gialloverde proprio da Siri. Costo stimato, tra i 12 e i 15 miliardi di euro.

La disponibilità a parlarne non significa volontà di realizzare la flat tax. Lo si è capito dalle precisazioni dallo stesso leader pentastellato. «Chi propone le leggi porta coperture». Tradotto, Matteo Salvini deve trovare i soldi.

Come coperture Di Maio si limita a citare una «seria lotta all'evasione», con l'aggiunta del carcere per chi non paga le tasse. Poi la spending review e solo dopo, si potrà « parlare di sforare il 3%» del rapporto deficit Pil. Per la Lega, invece, la riforma vale la sfida alla Commissione europea. Per il partito di Matteo Salvini la partita è solo rimandata a dopo le elezioni. Ma il nodo dei costi è sottovalutato dalla Lega e lo sforamento del tetto del deficit sarà ben superiore ai tre punti percentuali, ha spiegato Renato Brunetta di Forza Italia. «Salvini dice che le tasse dovranno diminuire anche a costo di sforare il 3% del rapporto deficit Pil, ma quello che forse non ha capito è che lo sforamento al 3% c'è già solo se non si fanno scattare gli aumenti dell'Iva. Per arrivare ad una riduzione delle tasse, servirebbe sforare il 5%». Il tavolo, aggiunge il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, «è una presa in giro».

L'altra proposta è il salario minimo. Cavallo di battaglia dei Cinquestelle. In questo caso i problemi non sono di copertura. L'impegno finanziario sarebbe pari a zero, come ha ricordato ieri Di Maio. In campo dentro la maggioranza c'è solo la proposta del M5s (anche il Pd ne ha presentata una) e fissa a 9 euro l'ora al lordo dei contributi la paga minima. Riguarda teoricamente 2,9 milioni di lavoratori.

Peccato che anche in questo caso non manchino controindicazioni. Una paga minima stabilita per legge, ha osservato giorni fa l'esponente Pd Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, se si applica anche a chi ha un contratto nazionale (come nella proposta M5s, contraria la Lega) si incoraggiano le imprese a uscire dal sistema contrattuale.

Un vantaggio per i lavoratori? No, visto che in cambio del minimo a 9 euro si perderebbero diritti e tutte le altre forme di benefici che porta la contrattazione. Tutti aspetti da sviscerare al tavolo evocato da Di Maio. Che presumibilmente avrà tempi lunghi.

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