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La "flat tax" non penalizza i cittadini meno abbienti

L'aspetto più importante della rivoluzionaria proposta è che si comincia a pagare l'imposta sul reddito solo al disopra di una significativa quota esente

La "flat tax" non penalizza i cittadini meno abbienti

Non sono un economista e perciò ho chiesto la consulenza dell'Istituto Bruno Leoni, che ha redatto il primo e più articolato progetto di flat tax, poi adottato con alcune varianti dal centrodestra e riassunto in un libro di Nicola Rossi (Flat tax, Marsilio editore) appena arrivato in libreria. L'aspetto più importante della rivoluzionaria proposta è che si comincia a pagare l'imposta sul reddito solo al disopra di una significativa quota esente. A cominciare da quel livello, si paga una imposta proporzionale (25% secondo l'Ibl, 23% secondo FI, 15% secondo la Lega) solamente su quel che si è guadagnato oltre questa soglia. Nel progetto Ibl, questa quota è di 11.000 euro per un single, cifra che cresce gradualmente per le famiglie composte da più di una persona. Gli unici a pagare davvero l'aliquota fissata sarebbero perciò le persone abbienti, perché tanto più alto è il reddito meno incide la quota esente. Al contrario l'aliquota effettiva sui redditi più bassi sarebbe sempre minore del 23 o 15% fatidico. Ciò non risolve il problema delle persone che un reddito non ce l'hanno: il progetto Ibl provvede con l'istituzione di un minimo vitale calibrato per area geografica e dimensione del nucleo familiare; Forza Italia intende invece istituire un reddito di dignità, più o meno equivalente. La flat tax, naturalmente, si applicherebbe anche alle società, con criteri che sarebbe troppo complesso spiegare in questa sede. Comunque, per ora siamo ancora nella fase dei programmi elettorali, non di un disegno di legge articolato, con tutti i necessari dettagli, che sarebbe necessario per introdurre la riforma. La flat tax è stata adottata con successo in due o tre Paesi dell'Est dopo la caduta del muro, che si sono avvantaggiati del fatto di non avere debito e quindi di potere coprire facilmente il calo delle entrate che si verificherebbe in un primo momento, prima che la riforma provveda come avviene ogni volta che si riducono le tasse al rilancio dell'economia. A suo tempo, anche Reagan cercò di adottare questo sistema, ideato dalla scuola di Chicago di Milton Friedman, ma si fermò a due aliquote.

Comunque, rimando chi volesse saperne di più all'articolo dedicato alla flat tax del nostro Antonio Signorini, a pagina 4 del Giornale di giovedì 25 gennaio.

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