Flaviana, 101 anni di amore per la vita Per lei intervento al cuore da record

Il chirurgo: «Avevo detto no, poi l'ho vista: fa tutto senza aiuto»

Flaviana, 101 anni di amore per la vita Per lei intervento al cuore da record

Non ha detto subito sì il dottor Francesco Bedogni. Ha visto la cartella perfetta d'accordo, ma restava quel particolare anagrafico della paziente: 101 anni. Per lui che dirige l'unità di cardiologia interventistica al Policlinico di San Donato, è una procedura di routine ma sottoporla a un intervento al cuore come si fa. «Avevo già detto no. Poi, quando l'ho vista entrare in studio senza l'aiuto di nessuno, orecchini e un filo di trucco, mi è convinto che, in certi casi, l'età davvero non conta». La sostituzione della valvola aortica è riuscita perfettamente, e così lei è diventata un record: la paziente più anziana d'Italia. Ci vuole coraggio e una buona dose di volontà e la signora Flaviana lo ammette col sorriso sulle labbra. Nata nel 1917, è sopravvissuta a due guerre mondiali, al dolore di perdere il marito e poi un genero di 37 anni quando lei invece ne aveva già compiuti 92; ha visto il mondo, viaggiando da Buenos Aires a Singapore; ha attraversato le epoche di un mondo che non le sfugge neppure adesso, lei, cresciuta a Sassuolo con le sorelle telefoniste «le signorine del telefono», le chiamavano, che oggi invia messaggi dal cellulare; che non si dimentica i compleanni dei suoi quattro figli, di nipoti e pronipoti e proprio l'altro ieri ne ha scritto uno a suo genero: «per te gli anni non dovrebbero passare mai». È ironica e si ricorda ancora del suo primo bacio. Era il 1932 e lei era una ragazzina di quindici anni che aveva appena trovato lavoro alla fabbrica di ceramiche. È istruita, tutto merito delle suore che l'avevano accolta, ultima di dieci figli, orfana di madre, un fratello con la tubercolosi e la necessità di andare via per non contagiare la piccina. La ruota che gira a favore, le sorelle che passando una telefonata sentono il padre del cardinale Ruini che cerca una segretaria, loro che propongono lei che aveva finito la terza media. La ragazzina è brava e capace e in quell'azienda si compie il suo destino. «Il direttore era un uomo di dodici anni più grande di me, che parlava con i padroni in dialetto milanese». Gli occhi che brillano e lei non c'è più in questo salotto liberty della bella casa di Milano, «mi arrivò alle spalle e mi diede un bacio. Ero diventata tutta rossa per colpa di quel manigoldo», quell'uomo diventerà suo marito. «Non era bello, ma mi trattava da grande e questo mi piaceva. Ma allora non stava bene, e l'ho subito spedito dalle mie sorelle a chiedere la mia mano». Lui che viaggiava, veniva da Milano, lei che gli dava del lei anche da fidanzati, il matrimonio a diciassette anni. «Macché abito da sposa, allora si usava il vestito da viaggio, e dopo il matrimonio a Sant'Ambrogio al cimitero in viaggio di nozze sulla tomba del fratello». Arriveranno quattro figli, l'ultima nata nel '45, l'acqua santa sempre in mano per poterla battezzare in ogni momento. «E chi se lo scorda quel viaggio per tornare a Milano? Noi eravamo sfollati da due anni a Sassuolo. Un passaggio di fortuna su un camion a due posti». A bordo ci sono oltre al conducente lei incinta, il marito e i tre bambini. «Dodici ore di viaggio, siamo partiti dopo il coprifuoco, il mio grande che non poteva neppure stare dritto perché la testa toccava il tettuccio. Eppure non hanno fiatato». Lei che dice di non essere severa ma giusta, eppure ha preteso anche dai nipoti che a tavola mangiassero con le monete sotto alle braccia e in casa davanti agli occhi imperava un piatto con la scritta: prima di parlare taci.

I suoi racconti sono un viaggio nel tempo.

Lei che il 28 aprile fa dire una messa per Mussolini, che per decifrare la vita di oggi si è letta il Corano in chiesa con una sua amica «che però è di sinistra e allora non andiamo troppo d'accordo», che vota Berlusconi da sempre, anche l'ultima volta che era all'ospedale, che dice di non aver paura della morte perchè «io sono a posto», e che alla domanda se crede in Dio ti guarda e sorride ancora: «Certo, però lo critico. Non il figlio, ma il padre, che le colpe sono sempre dei padri».

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