Coronavirus

Focolaio in palestra, altri due positivi. E per 140 persone scattano i tamponi

Uno solo contagiato con la variante Delta, attesi i risultati per gli altri. Finora individuati 12 casi di mutazione in Lombardia

Focolaio in palestra, altri due positivi. E per 140 persone scattano i tamponi

Peggiora la situazione legata alla palestra Virgin Active di Città Studi a Milano dove è stato individuato un focolaio di Covid, con un caso accertato di variante Delta. I dieci positivi «scoperti» il 12 giugno, ieri sono saliti a 12. Sono tutti in isolamento, fa sapere ATS Città Metropolitana di Milano. Solo un caso è stato ricoverato (non è stato contagiato da variante Delta), mentre gli altri sono seguiti al domicilio.

Ats ha fatto richiesta di sequenziamento per tutti i positivi: per un caso, già comunicato, si tratta di variante ex indiana, mentre per gli altri 11 si è in attesa dei risultati di laboratorio. L'Agenzia ha inoltre identificato 140 frequentatori della palestra che dal 24 maggio (data di apertura della palestra) al 31 maggio (data di presenza dell'ultimo caso) hanno avuto contatti con almeno uno dei casi rilevati. Sono stati tutti invitati ad eseguire un test antigenico o molecolare presso la rete dei punti tampone dell'Ats.

Il caso della palestra preoccupa molto esperti e tecnici per due ordini di motivi. Da un lato il fatto che la palestra abbia dichiarato di «aver seguito tutte le indicazioni del Ministero sia per gli allenamenti individuali che per quelli di gruppo» mette in dubbio il modello adottato per la ripresa della attività e delle strutture sportive. Questa palestra «deve diventare» per Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco e consulente del commissario straordinario per l'emergenza generale Francesco Figliuolo «un prototipo di studio per capire come sia avvenuto il contagio, perché sembrava una palestra organizzata in maniera seria, il che preoccupa ancora di più. Occorre farne un prototipo di studio, è vitale per la ripresa di tutte le attività».

Per altri versi l'aspetto inquietante è che la persona che ha contratto il virus «modificato», un operatore sanitario, era stato vaccinato con due dosi. Ci si interroga ora sull'efficacia dei vaccini nella protezione dal virus mutato. In serata Roberto Burioni, docente all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, anticipa lo studio uscito su The Lancet: «Efficacia due dosi vaccini nella protezione da infezione da variante Delta: Pfizer 79 per cento, AstraZeneca 60 per cento. Ma questa variante sembra più contagiosa e in grado di causare malattia più grave». Da gennaio sono stati intercettati 12 casi di variante indiana in Lombardia secondo i dati forniti dal laboratorio di Virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia: di questi 11 erano viaggiatori di rientro dall'India e uno era un contagio autoctono e non erano vaccinati. Una decina i casi accertati invece dal laboratorio di Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze dell'Asst Fatebenefratelli Sacco.

Per Giovanni Sebastiani, primo ricercatore dell'Istituto per le applicazioni del calcolo Picone del Cnr «il problema è che noi non stiamo sequenziando il virus. Non lo facevamo prima, ma adesso c'è un problema che è reale e concreto.

Al di là della particolare variante che in Inghilterra costituisce una minaccia- avverte - dovremo sequenziare di più e testare di più per individuare qualunque tipo di eventuale variante che possa svilupparsi».

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