Tensione altissima, quasi aria di rivolta nella tendopoli di San Ferdinando a Rosarno, dove ieri un africano ha accoltellato una carabiniere che gli ha sparato, uccidendolo, per difendersi. Un centinaio di migranti ha infatti inscenato una manifestazione di protesta per le strade del paese, scandendo slogan rabbiosi contro l'Italia e contro i carabinieri. Nessun episodio violento ma i toni sui cartelli esposti non indicavano certo messaggi di pace. «Italiani razzisti», per ringraziare dell'accoglienza che viene loro concessa dal nostro Paese, e «Fuck carabinieri», per elogiare il lavoro delle forze dell'ordine, naturalmente. D'altronde, che cosa ci si poteva aspettare? Sognavano il paradiso e si sono trovati in una misera tendopoli, dove la convivenza forzata acuisce le tensioni che prima o poi devono essere scaricate.
Per fortuna che il migrante del Mali, Sekine Traore, sfogando la sua ira non abbia ucciso l'appuntato dell'Arma ma sia rimasto vittima della sua stessa violenza. E per fortuna che anche l'aria che si respira in Italia stia cambiando. Ieri infatti non c'è stata la solita sfilza di commenti politicamente corretti, propinati come sempre dai buonisti di turno. Il fatto che un carabiniere abbia sparato per difendersi, che la situazione in tendopoli e centri di accoglienza sia insostenibile e che le migliaia di migranti e disperati che vagano per l'Italia siano diventati una minaccia per la sicurezza è talmente evidente che nessuno ha la faccia tosta di scendere in campo per difendere un accoltellatore. Un cambio di rotta? Ce lo auguriamo, ma non siamo così sempliciotti. L'emergenza immigrazione è un problema sentito da tutti gli italiani ma siamo in campagna elettorale. Chi avrebbe oggi il coraggio di prendersela con i carabinieri per difendere un criminale? Criminale, sì, perché uno che accoltella tre volte un tutore delle forze dell'ordine non può essere definito altrimenti. E gli italiani, che sono meno fessi di quanto la nostra classe politica voglia far credere, lo comprendono benissimo. Benedetti ballottaggi, allora, che per qualche giorno hanno fatto tornare il senno ai talebani dell'accoglienza indiscriminata.
Ma a Rosarno l'aria che tira è completamente diversa. Ieri mattina il risveglio nella tendopoli è stato agitato tanto che i migranti hanno permesso solo ai giornalisti di accedere al campo. Quando sono arrivate le forze dell'ordine, infatti, gli extracomunitari le hanno accolte a sassate. Così poliziotti e carabinieri hanno seguito a distanza la manifestazione di protesta per evitare ulteriori tensioni. I migranti, però, non vogliono sentire ragioni. «Non siamo qui per fare la guerra o fare casini, siamo qui per lavorare e mangiare ha detto un immigrato del Mali I carabinieri devono venire per mettere pace e non per uccidere. Quello che accaduto ieri non è giusto. E vogliamo che tutta l'Italia e tutta l'Europa lo sappiano». Parole pesanti, pronunciate poi dal cittadino di un Paese dove, tra colpi di stato e guerre civili, i diritti umani sono un optional e la vita di un uomo vale zero. Ma, essendo ospite del nostro Paese, dove ha piena libertà di esprimersi, può anche arrogarsi il diritto di difendere chi ha la passione di accoltellare i carabinieri.
I manifestanti, accompagnati da volontari italiani che si occupano di assistenza ai migranti, hanno incontrato il vicequestore di Reggio Calabria, al quale hanno sottolineato che «c'è stato un eccesso di legittima difesa» da parte del carabiniere che ha sparato. Naturalmente, anche tra le associazioni che assistono, non gratuitamente, gli immigrati c'è chi abbraccia le tesi dei manifestanti.
«Quello che si chiede è una cosa giusta: sapere perché è stata uccisa questa persona - ha detto una volontaria dell'organizzazione Medici per i diritti umani - C'è una ricostruzione ufficiale dei carabinieri e adesso aspettiamo che le indagini facciano il loro corso». Come dire: noi stiamo dalla parte dei migranti. Noi, invece, stiamo con i carabinieri.
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