Francesco De Remigis
«Nessun rischio di contaminazione». Provano a tranquillizzare le autorità francesi dopo l'ennesimo incidente in una centrale nucleare. Stavolta nel mirino c'è lo stabilimento di Flamanville, fiore all'occhiello dell'energia francese, che l'anno prossimo dovrebbe inaugurare il suo terzo reattore. Ieri mattina, in un'area «non nucleare» della centrale, è esploso però un ventilatore. Rimettendo al centro del dibattito l'efficienza del sito.
Siamo nella Bassa Normandia, a pochi centimetri dal mare. Alle 9.45 un incendio nella sala macchine. «Un banale impianto elettrico» nella zona del reattore numero 1, spiega Stéphane Brasseur, che dirige l'impianto e improvvisa una difesa parlando di «zona separata dai reattori».
A Flamanville ne funzionano due, da 1.300 megawatt, costruiti nel 1986 e nel 1987. Ma a tranquillizzare i milioni di francesi e di cittadini europei non basta neppure la dichiarazione della prefettura, secondo cui non esiste alcun rischio atomico o di contaminazione. «Tutto risolto nel giro di un paio d'ore», assicurava il prefetto Jacques Witkowski mentre i pompieri stavano andando via. In un primo momento si era parlato di «incidente tecnico significativo». Poi di indagine in corso per determinare meglio le cause. Il bilancio è di cinque persone leggermente intossicate, ma indenni.
I sospetti sul rischio malfunzionamenti restano, visto che già nel 2015 la questione Flamanville, centrale di proprietà della Edf (Électricité de France, che ha appena accettato un indennizzo di 450 milioni di euro dallo Stato per fermare il più vecchio sito nucleare di Fassenheim, dove si produrranno auto elettriche), era stata sollevata dall'autorità per la sicurezza nucleare francese (Asr): fumo non radioattivo ad agosto 2015 nel reattore 2. Piano di emergenza immediato, ma nessun incendio. Poi un trasformatore saltato a fine 2015 costrinse a fermare il secondo reattore per cinque settimane. Ora il numero 1 «spento per precauzione».
Numerosi invece gli endorsement del presidente François Hollande per ampliarla con un terzo reattore. Il cosiddetto pressurizzato europeo (Epr) che dovrebbe entrare in funzione nel 2018 dopo rimandi e peripezie legate ai costi triplicati. Il primo sospetto su un rischio nucleare «possibile» era partito proprio da qui, dal reattore di terza generazione in costruzione: nella primavera 2015 si era parlato di eccesso di carbonio nell'acciaio della vasca che rischierebbe di diminuire la resistenza meccanica dell'acciaio stesso. L'Autohority fece controlli in tutte le centrali francesi. Mentre il direttore, Pierre-Franck Chevet, evidenziava la necessità di ripensare l'intera «catena di controllo» per rendere l'atomo più sicuro.
A settembre ha ordinato di fermare «con urgenza» 12 reattori dei 58 complessivi che garantiscono il 78% del fabbisogno di elettricità in Francia. «Da allora abbiamo avuto altre brutte sorprese», spiega. Per il momento, a Flamanville il prefetto della Manica evoca un semplice «surriscaldamento sulle guaine dei macchinari» che ha causato «forte detonazione» in un comparto «che non ha nulla a che vedere con l'area nucleare». Fumo, panico, stop. Scartata anche ogni ipotesi di matrice terroristica. Il reattore 1 è stato comunque «spento». Non succedeva da sette anni.
Ségolène Royal, nel 2012 candidata alle presidenza contro Sarkozy, spiegava che quella centrale era un sito «non necessario». Al punto che ne promise la chiusura se fosse entrata all'Eliseo. Oggi, ministro dell'Ambiente di Hollande, commenta così: «Niente di grave».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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