Fratoianni e la moglie vogliono schedare gli agenti di polizia

La proposta di legge alla Camera: togliere anche le misure di protezione aggiuntive

Fratoianni e la moglie vogliono schedare gli agenti di polizia
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Sono chiamati a essere portatori di sicurezza e protezione, a loro è affidata la tutela dei cittadini e dei loro beni. Spesso, però, vengono lasciati in balia di attori e leader della provocazione, di manifestanti che non sono disposti e rispettare regole e percorsi e cercano lo scontro, mettendo a dura prova uno stile di protest policing sempre più caratterizzato da tolleranza e flessibilità. Formare, addestrare, equipaggiare uomini e donne delle forze dell'ordine, prepararli al confronto con professionisti della provocazione è fondamentale, così come è fondamentale la salvaguardia anche fisica di chi è impegnato nel delicato compito di difesa delle istituzioni. Altrettanto importante è fornire loro dotazioni, attrezzature, strumenti all'altezza, uniti alla preparazione specialistica.

Pochi giorni fa le commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera hanno dato il via libera a un emendamento al Ddl Sicurezza che prevede le bodycam sulle divise degli agenti di polizia. Una modifica normativa pensata per proteggere gli operatori della sicurezza e consentire una «narrazione visiva» completa e non parziale, come spesso viene fornita dai manifestanti. Se il centrodestra si muove in un'ottica di tutela delle forze dell'ordine - è stata anche estesa la tutela legale a donne e uomini delle forze di polizia a ordinamento civile e militare e al corpo nazionale dei vigili del fuoco, in caso di denuncia o indagine per fatti inerenti al servizio - proposte di tenore ben diverso arrivano dal centrosinistra e in particolare da Alleanza Verdi e Sinistra.

Il partito ha presentato una proposta di legge che ha come primo firmatario Filiberto Zaratti - sottoscritta anche da Nicola Fratoianni e dalla moglie anche lei deputato, Elisabetta Piccolotti, e da Angelo Bonelli - che richiede innanzitutto la presenza sul casco di protezione indossato dalle forze dell'ordine, sui due lati e sulla parte posteriore, di un codice alfanumerico per l'identificazione dell'operatore che lo indossa. Si tratta di una misura che ricorre frequentemente dopo le violenze del G8 di Genova e che è stata rilanciata anche dal Pd nel 2019. Una misura che secondo il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi «mostra una visione di ideologica sfiducia nei confronti delle forze dell'ordine». Zaratti chiede anche di «limitare la discrezionalità nell'uso della perquisizione» e «impedire che durante gli scontri di piazza si accumulino nelle caserme un numero eccessivo di fermati, impedendo così il rispetto delle garanzie personali». Inoltre nei casi di arresto o fermo dei manifestanti che si rifiutano di obbedire all'ordine di discioglimento «l'ufficiale di polizia giudiziaria, dopo aver provveduto all'identificazione, ne dispone l'immediato rilascio».

Nella stessa proposta firmata da Alleanza Verdi e Sinistra si legge però anche altro. Ovvero che «è fatto divieto al personale in servizio di ordine pubblico di portare con sé strumenti, armi, indumenti e mezzo di protezione non previsti o autorizzati dal personale di servizio, oppure equipaggiamento d'ordinanza modificato». Si tratta di giubbotti antitagli, parastinchi, giubbotti da cross che gli agenti mettono durante i servizi e che non sono previsti dal regolamento.

Strumenti di difesa che con questa norma non sarebbero più autorizzati, ma che vengono indossati dalle forze dell'ordine per la protezione personale e l'attenuazione dei traumi. Nella speranza di svolgere il proprio lavoro in condizioni di (relativa) sicurezza e uscire incolumi dal proprio turno di lavoro.

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