Laura Cesaretti
Roma Mentre in Italia si giocherà la finale dei ballottaggi, Matteo Renzi sarà in trasferta internazionale, prima in Russia e poi negli Stati Uniti.
Due viaggi previsti e organizzati da tempo, su due fronti su cui l'Italia è impegnata in un pressing diplomatico: ricucire i rapporti tra Europa e Russia da una parte, costruire la rete che deve promuovere la candidatura italiana al Consiglio di sicurezza Onu dall'altra. Sta di fatto però che l'incrocio delle date di partenza è stato fatto coincidere con il momento fatidico dei risultati elettorali, cui lo stato maggiore Pd guarda con crescente preoccupazione. Da venerdì Renzi sarà ospite d'onore al Business forum di San Pietroburgo, dove avrà anche un incontro con Putin: «Un'occasione di dialogo che spero sia utile per recuperare stabilmente le relazioni del passato», spiega. E lunedì, quando si scatenerà la ridda dei commenti e dei bilanci, il premier sarà al Palazzo di vetro di New York, lontano dalla mischia casalinga. Ben sapendo che la minoranza Pd non vede l'ora di poter impugnare la sconfitta in qualche città cruciale per dichiarargli apertamente guerra. Le avvisaglie ci sono tutte: ieri l'ala bersanian-dalemiana ha ufficialmente aperto le ostilità sfilandosi dalla mobilitazione indetta per domani dal leader del governo, per celebrare l'abolizione dell'Imu: «Sedici milioni di italiani non pagheranno la Tasi sulla prima casa, l'Imu e l'Irap agricola. Una riduzione di tasse che non ha precedenti per qualità e intensità nella storia degli ultimi vent'anni», celebra Renzi nella sua e-news, annunciando che per questo «ho chiesto ai parlamentari del mio partito, agli amministratori territoriali e ai militanti che possono dedicare mezza giornata a questo impegno di scendere in piazza e di andare incontro alle persone, per spiegare quel che è stato fatto». A stretto giro di posta è arrivata la replica acida di Roberto Speranza: altro che banchetti per strada, «io giovedì sarò in Campania per la campagna elettorale, perché per me la priorità assoluta sono i ballottaggi». Ed è su quello, è la minaccia sottintesa, che i nemici interni aspettano al varco Renzi, pronti a chiederli il conto di un'eventuale smacco in città cruciali come Roma, Milano, Torino o Bologna. Sondaggi attendibili ce ne sono pochi, e molto si giocherà «sulla capacità dei diversi schieramenti di riportare al voto i propri elettori», sottolinea il Pd David Ermini, soprattutto là dove, come a Milano, l'esito elettorale è sul filo.
Mentre a Roma, nonostante le «miracolose» capacità di rimonta dimostrate da Roberto Giachetti, il divario da colmare rispetto al primo turno è assai vasto.«Criticare è facile - avverte Renzi - ma cambiare è bello. E noi siamo la dimostrazione che cambiare concretamente si può. Chi dice sempre di no, chi mette veti su tutto, condanna il Paese alla palude».
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