La fronda Pd corteggia Fi ma prende un due di picche

Lanciato il Bersanellum, legge elettorale che favorisce le larghe intese. Gli azzurri, però, respingono l'offerta

La fronda Pd corteggia Fi ma prende un due di picche

La loro ricetta magica la sveleranno solo oggi, in una conferenza stampa tenuta dai due dottor Stranamore della minoranza Pd che hanno congegnato il sistema elettorale destinato (nelle loro teste) ad uccidere l'Italicum di Renzi: Andrea Giorgis (allievo di Gustavo Zagrebelsky, il «professorone» che non è riuscito neppure a raccogliere le firme per il No al referendum) e Federico Fornaro (pupillo di Pierluigi Romita, defunto ex segretario del Psdi).

La strana coppia di parlamentari della sinistra Pd ha avuto da Pierluigi Bersani l'incarico di distillare una proposta con un'unica ragione sociale: deve piacere a Silvio Berlusconi, tornato ad essere l'oscuro oggetto del desiderio per il Pd, al punto da convincerlo a siglare un nuovo Nazareno con loro alle spalle di Renzi. E infatti l'unica caratteristica di quello che è stato prontamente ribattezzato Bersanellum, nome che non depone benissimo per il suo futuro, è l'abolizione del doppio turno, inviso al Cavaliere. Nessun ballottaggio per attribuire un premio di maggioranza, dunque.

L'astuto piano ha finora raccolto solo alzate di spalle dai renziani («Vedremo la proposta - dice Maria Elena Boschi - se si vuol cambiare l'Italicum basta avere i numeri in Parlamento»), pernacchie dai Cinque Stelle che annunciano di non avere intenzione alcuna di sedere al tavolo bersaniano (peccato, un bis dello streaming con Crimi avrebbe avuto grande successo) e una secca smentita da Renato Brunetta: «Forza Italia non sta valutando alcuna proposta, nè della minoranza dem nè di altri. Solo dopo la vittoria del No si ragionerà di nuovi sistemi elettorali». Ed essendo il capogruppo Fi alla Camera l'unico interlocutore di Bersani dentro Forza Italia, la trovata di mezz'estate dell'ex segretario Pd parrebbe già pronta per l'archivio.

Ma neppure la minoranza Pd è così ingenua da pensare che si possa metter mano all'Italicum di qui al referendum d'autunno. Il loro progetto guarda infatti al dopo, e si fonda sulla speranza (che pubblicamente i bersaniani non possono confessare) che per l'appunto i No prevalgano, la riforma costituzionale e il superamento del bicameralismo vengano affossati e Renzi sia costretto a dimettersi da Palazzo Chigi. È per quel momento che il fronte anti-Renzi del Pd vuole farsi trovare pronto ad aprire la trattativa con Berlusconi, Brunetta e Verdini per dar vita ad un governo «di scopo» che cambi la legge elettorale. Il Bersanellum serve a questo: a far vedere che c'è totale disponibilità a togliere di mezzo ciò che non piace al Cavaliere, per creare un sistema che impedisca ai Cinque Stelle di vincere e favorisca invece le larghe intese. Miguel Gotor, fido consigliere del mancato premier, lo dice con chiarezza: «La nostra è una proposta che potrebbe interessare a chi è disposto a rinunciare al ballottaggio e dunque al mantra la sera delle elezioni si sa chi ha vinto. I governi vanno fatti in Parlamento». Ecco qui la chiave: per impedire che qualcuno (Renzi o Grillo che siano) possano dire «la sera stessa» di aver vinto le elezioni, l'uovo di Colombo è un sistema che non faccia vincere nessuno.

E che apra la strada al ritorno del proporzionale, e delle coalizioni stile Prima Repubblica, con «l'arco costituzionale» al governo e i grillini (allora era il Pci) all'opposizione. Allo stato, il Bersanellum prevede che i seggi vengano in parte assegnati con i collegi uninominali modello Mattarellum. Ma è una foglia di fico pronta a cadere se Berlusconi, come è facile prevedere, dicesse no.

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