Il fronte lombardo tra aperture e musi lunghi

Azzurri e alleati cauti sull'ex candidato sindaco. Gelmini: «Può ambire alla leadership»

Sabrina Cottone

Milano Mi si nota di più se vado o se non vado? Forse non ha pensato proprio questo Stefano Parisi, politico in ascesa di quel che sarà Forza Italia, assente all'appuntamento milanese del Comitato per il No al referendum. Gli saranno fischiate le orecchie per i malumori contro di lui, nonostante le sue rassicurazioni di non ambire alla leadership.

Se il centrodestra («la sola parola ormai mi fa venire l'orticaria» dice Daniela Santanchè) si è riunito allineato e compatto con i suoi leader e volti noti storici per spiegare il come e il perché della bocciatura in coro delle riforme costituzionali firmate Renzi, il tema politico all'ordine del giorno resta il caso Parisi.

Nella coalizione sono scattati gli anticorpi che, mutatis mutandis, erano entrati in fibrillazione man mano che Giovanni Toti intensificava le sue presenze ad Arcore. Anche questa volta l'invito a non allargarsi troppo arriva da nomi che hanno fatto la storia di Forza Italia.

Prendiamo Paolo Romani, garbato presidente dei senatori azzurri. Parisi? «I leader non nascono sotto i cavoli» è solo l'immagine a effetto. Il senso dell'intero ragionamento è che le candidature alla leadership non nascono all'improvviso ma sono legittimate dal «consenso degli elettori».

Mariastella Gelmini, coordinatrice regionale di Forza Italia, invecenon esclude nulla: «Parisi è una persona che può ambire alla leadership, ben venga la sua disponibilità che dovrà essere accertata nei dettagli, di collaborare al rilancio».

Usa argomentazioni esplicite Daniela Santanchè: «Se il modello Milano fosse stato vincente, oggi non avremmo un sindaco che si chiama Sala». E ancora: «I proclamati o gli autoproclamati appartengono al passato. Non vedo il problema della leadership, ma mi auguro che ci saranno strumenti democratici per vedere chi dovrà essere la persona».

La contrapposizione non è solo un caso personale, continua a essere anche politica. «A Milano Parisi ha perso perché ha guardato troppo al centro» è la diagnosi foriera di spaccature che arriva da Ignazio La Russa, Fratelli d'Italia. Perché se Parisi costruisce ponti con Ncd, l'alleanza centrista è meno gradita anche dagli azzurri che più hanno combattuto Alfano e prediligono l'asse con Lega e Fdi.

Roberto Maroni, supporter della candidatura Parisi, dopo averlo invitato a non rischiare il «fuorigioco», si smarca ancora un

tantino: «È un tema che riguarda Forza Italia». Quasi una mezza coccola rispetto alla bocciatura di Matteo Salvini, che ha definito «perdente» il modello Parisi. Ma si sa che Salvini e Maroni non sempre hanno idee che vanno d'accordo.

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