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Quella mano tesa Papa-Abu Mazen ferita per Israele

Quella mano tesa Papa-Abu Mazen ferita per Israele

Viene puntualissimo, dopo le sei risoluzioni Onu votate venerdì da 156 Paesi contro otto (ma che sta facendo l'Italia?) in cui si nega la sovranità israeliana e il rapporto storico degli ebrei con Gerusalemme, l'incontro con Abu Mazen in cui il Papa ha agito come un politico: la strada scelta è la più immediata, la più fuori da un'analisi realistica dei fatti, la più inutilmente cerimoniale. Non sarebbe stato magnifico e storico quanto la proibizione di Giovanni XXIII di essere ancora antisemiti, o la visita di Giovanni Paolo II al Muro del Pianto con il successivo riconoscimento dello Stato d'Israele, che il Papa avesse chiesto a Abu Mazen di imboccare una vera strada di conciliazione, di riconoscimento del diritto degli ebrei a un loro Stato e alla loro capitale? Questo avrebbe anche legittimato i desideri dei palestinesi. Ma non è accaduto.

Il Papa ha incontrato il presidente dell'Autonomia palestinese per allinearsi con le posizioni che non hanno portato da nessuna parte. Di fronte ai cambiamenti che investono il Medio Oriente ci si poteva aspettare qualche cosa di diverso, e la parola «pace» è rimasta nuda. Che significa riattivare il processo di pace? Chi lo deve riattivare? Abu Mazen dovrebbe accettare almeno di discuterne, mentre rifiuta ogni colloquio; e dovrebbe abbandonare l'incitamento diffamatorio e delegittimante che mette in gioco l'esistenza stessa di Israele. Gli ostacoli alla pace sono l'esaltazione del terrorismo e la determinazione a continuare a fornire gli stipendi ai terroristi nelle carceri e alle loro famiglie. E poi: il Papa spera nella soluzione dei due Stati per due popoli. Ma non sarebbe meglio sottolineare che oggi gli Stati eventualmente sarebbero tre perché l'Autonomia palestinese e Gaza si odiano di più di quanto odino Israele? Non c'è nessuna possibilità che Hamas si sottoponga ad Abu Mazen, anzi lavora sodo per distruggerlo. Di lui, con la sua faccia da benevolo avolo, è difficile ma utile ricordare le parole in ogni occasione, salvo quelle diplomatiche, sempre estreme, aspre, definitive.

Israele è piena di ambizione alla pace. E dov'è quella palestinese? Il Papa ha letto quello che si insegna nelle scuole di Ramallah? L'Ap appare moderata solo perché Hamas è terrorista. Solo ieri Gaza ha condannato a morte per impiccagione sei persone accusate di connivenza con Israele, e forse il Papa non si è ricordato di quanto i cristiani di Gaza soffrano sotto Hamas. E Gerusalemme: è così difficile, come la Bibbia, come i Vangeli, come i musulmani prima della radicalizzazione, ricordare il nesso fra gli ebrei e la loro città per antonomasia? L'invito a «riconoscerne e preservarne l'identità e il valore universale di Città Santa» è contro il riconoscimento come capitale. A Gerusalemme capitale la Spianata delle moschee è gestita dall'islam e il Santo Sepolcro dai cristiani.

Chissà che succederebbe se venisse divisa.

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