Quello che il mondo non riesce a capire

Quello che il mondo non riesce a capire
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Non riuscite a capire. La grandezza di quello che Netanyahu ha cercato di comunicare al Congresso è troppo lontana dal gioco politico che si ridisegna e invade i giornali, il woke umanitario e terzomondista sprezzante dei diritti e della vita umana. La parola guerra non ha accettato di essere coniugata con l'aggettivo «giusta» in contrasto con la palese verità della seconda guerra mondiale, che ha dimostrato che per voltare pagina verso la strada della libertà, devi combattere fino in fondo uomini e idee che incarnano il male. Di nuovo la cronaca cancella coraggio e dedizione, sacrificio e necessità. Ci troviamo di fronte alla polemica sulla «società civile» rimessa in piedi nel dopo Biden per ovviare ai problemi del Partito democratico e stavolta porta il viso di Kamala Harris, con una strumentalizzazione che Kamala stessa dovrebbe rifiutare: è il viso di una donna di origini orientali, di colore diverso. Proprio per onorare un'identità che evoca una storia di discriminazione tipiche della sofferenza ebraica, Kamala non avrebbe dovuto imboccare la strada della propaganda elettorale sulla fallimentare strada di Chamberlain che può portare solo a stragi e sconfitte, non a Israele soltanto, ma agli Usa, all'Europa. Al Congresso Netanyahu ha spiegato la realtà di un guerra per la sopravvivenza presentando l'eroe ebreo ed etiope che ha corso a piedi più di dieci chilometri per arrivare al confine di Gaza a combattere i terroristi che stupravano e bruciavano i bimbi; i ragazzi che hanno perso gli arti e tornano a combattere; i rapiti che hanno ancora sul viso la sofferenza, la verità per cui gli ostaggi non sono solo nelle gallerie di Hamas ma in casa di dottori e insegnanti dell'Unrwa.

A Gerusalemme la radio diffondeva la storia del ritrovamento dei corpi di altri rapiti: un'azione difficile per la delicatezza e il valore che richiede a dei ragazzi esposti alla morte in mezzo a Gaza riportare a una famiglia disperata il corpo di Maya Goren, 54enne maestra d'asilo uccisa sul lavoro e buttata da una parte per ricavarne benefici per Sinwar. Qui si celebrano funerali ogni giorno, del soldatino Kiril Brodsky ritrovato anche lui ieri, e i genitori seguitano a resistere, si organizzano, criticano, tutti portano la stessa bandiera con la stella azzurra. Ieri la radio ha annunciato che «mutar le pirsum» è permesso citare la notizia di altri soldati caduti e così mogli, madri, bambini restano dentro questa guerra; mentre la delegazione israeliana parte per Parigi per conquistare le medaglie dello sport, si sparge la notizia della minaccia di attacco iraniano, la promessa mostruosa di reiterare l'attacco di Monaco del 1972. Alle tv si è mostrato il footage accompagnato dai sussurri di paura del telefonino di ragazzi che si preparano a morire e dicono al telefono mamma ti voglio bene addio, mentre i terroristi gettano bombe a mano dentro il rifugio. Come per la Shoah, piano piano si racconta, a stento, l'incredibile: è vero, è accaduto, ecco una famiglia di padre madre e due bambini coprendoli col suo corpo dice «stanno entrando guardate il pavimento». Maayan verrà uccisa a nove anni.

Sono fatti di Israele? Di Netanyahu? Il mondo islamico e quello di sinistra adorano questa loro nuova alleanza che promette potere: Kamala sarà interessata di certo al fatto che sette sindacati che rappresentano sei milioni di lavoratori hanno firmato una lettera che chiede di fermare l'aiuto a Israele.

È un fenomeno pauroso, come la folla che ha bruciato Netanyahu in effige. È come bruciare il futuro del mondo democratico. Nel Congresso, però, la maggioranza era là ad applaudire, a sostenere l'aiuto. Sono quelli che capiscono, chissà se possono farcela.

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