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Furbetti del cartellino a Palermo: 43 sotto inchiesta

Tra loro un inquisito per mafia e il papà di Angela da Mondello, nota per «Non ce n'è Coviddi»

Furbetti del cartellino a Palermo: 43 sotto inchiesta

«Non ce n'è truffa». E invece c'era eccome. Messa in atto da 43 dipendenti comunali di Palermo tra cui pure Isidoro Chianello, 60 anni, il papà di Angela «da Mondello», divenuta nota per l'infelice frase «non ce n'è Coviddi», diventata un tormentone e persino una canzone. I dipendenti infedeli sono tutti in servizio ai Cantieri culturali della Zisa, impiegati diretti del Comune (in 11) o delle partecipate Coime e Reset che si occupano di manutenzione cittadina e del verde. C'è pure un soggetto coinvolto in un'indagine per mafia. È Tommaso Lo Presti che paradossalmente risultava al lavoro anche se era ricoverato in ospedale. Aveva presentato un regolare certificato medico al Comune attestante il suo ricovero, ma aveva dimenticato di avvisare il «compare» complice della truffa, che quindi continuava a timbrare per lui.

A interrompere la pacchia,1000 casi di false rendicontazioni e 2.500 ore di falso servizio raggiunte in soli 3 mesi, sono state le Fiamme gialle di Palermo che hanno pizzicato i dipendenti infedeli mentre facevano la spesa, si davano al jogging o allo shopping, andavano a fare colazione al bar dopo avere timbrato o dal parrucchiere. Video, appostamenti e pedinamenti hanno inchiodato i 28 lavoratori, coinvolti nell'inchiesta coordinata dalla procura palermitana e destinatari di un'ordinanza emessa dal gip, ma in tutto sono 43 gli indagati per truffa a danno di un Ente pubblico e falsa attestazione della presenza in servizio.

I video immortalano la normalità dell'illegalità del sistema messo su dai lavoratori: con nonchalance uno arrivava in scooter al cantiere già in costume da bagno e il telone in spalla, pronto a sfrecciare verso la spiaggia dopo aver attestato la presenza, un altro non poteva rinunciare alla corsetta, per cui timbrava senza neanche fermarsi per poi proseguire il suo giro. In 8 sono stati posti agli arresti domiciliari, 14 sono stati sottoposti all'obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria, 6 solo a quest'ultima misura. «L'aspetto più allarmante dice il colonnello Gianluca Angelini, comandante del nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Palermo è il diffuso senso di impunità che ha permeato un significativo numero di dipendenti pubblici che si sono sentiti liberi di violare sistematicamente le regole».

Il Comune di Palermo si costituirà parte civile.

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