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Furia Renzi, ma a parole. Attacca Conte, Pd e M5s però resta al governo

Affondi su giustizia, Autostrade e accordi elettorali. Poi assicura lealtà al premier

Furia Renzi, ma a parole. Attacca Conte, Pd e M5s però resta al governo

N ella fitta penombra dello studio di Cinecittà si staglia lo slogan della prima assemblea nazionale di Italia viva: «Buongoverno contro populismo». Il populismo è quello di Salvini e pure dei Cinque Stelle. Ma il buongoverno, si capisce subito dalle parole di Matteo Renzi, non è certo quello al momento asserragliato a Palazzo Chigi.

Non che l'ex premier minacci sconquassi, anzi: liquida i retroscena che già lo immaginano pronto a ritirare i ministri e dare «appoggio esterno» al gabinetto Conte 2, gli assicura «appoggio pieno» e annuncia che con ogni probabilità «si voterà nel 2023». E rivendica la «mossa del cavallo» di agosto, quando proprio al sua iniziativa riuscì a trascinare il Pd verso il nuovo governo: «Abbiamo sventato il piano di Salvini: voto, maggioranza assoluta in Parlamento e referendum su Italexit».

Ma se la «stabilità» non è in discussione, Renzi dice basta all'«immobilismo» e ai continui «rinvii», che hanno prodotto la stasi dell'economia e quel «devastante» meno 0,3% di crescita, una «sconfitta netta» che rischia di «pregiudicare il futuro». Il ruolo di Italia viva, spiega, sarà quello di «dettare le priorità» all'immobile premier e alla sua confusa maggioranza che si limita a «vivacchiare». Conte «faccia delle scelte», e Iv sarà pronta a «incoraggiarlo». A patto che non ci si inventi che l'ex avvocato del popolo ora «possa diventare il leader dei progressisti d'Italia e del mondo», aggiunge con sarcasmo, perché non è proprio il caso. «Ha firmato lui i decreti Salvini», altro che «progressismo», ricorda Renzi. La replica (indiretta) di Conte arriva di lì a poco: giura di avere in cantiere una «grande sfida riformatrice», evoca «l'etica della collaborazione» e «il tempo della responsabilità» e chiede «lealtà» alla maggioranza.

I terreni della sfida renziana sono già individuati: sul tema del diritto, l'ex premier (mentre in sala viene proiettata una grande foto di Enzo Tortora e Marco Pannella) ribadisce il suo «no» a Bonafede: «L'obbrobrio giuridico della sua riforma della prescrizione» va fermato. E a chi lo accusa di aver votato con Forza Italia replica: «Se devo scegliere tra chi dice poco male se gli innocenti vanno in carcere e chi chiede più garantismo sto con i garantisti». Persino la magistratura (con le durissime critiche di questi giorni al Guardasigilli) «si sta dimostrando meno giustizialista di questa maggioranza». Renzi sa che il «lodo Annibali» di Italia viva, che congela la legge Bonafede per un anno, può diventare nei prossimi giorni la zattera di salvataggio della maggioranza per uscire dal pasticcio prescrizione, e si prepara a rivendicare la sua vittoria.

Dall'avvocatura gli rendono già merito, con un messaggio di ringraziamento a Iv di Giandomenico Caiazza, presidente delle Camere penali, per la battaglia di principio contro la «resa incondizionata del Pd» al giustizialismo M5s. L'ex premier incalza anche sull'economia, e dà lo stop alle velleità grilline di revocare la concessione ad Autostrade, mossa che «causerebbe miliardi di danni allo Stato e farebbe fuggire tutti gli investitori stranieri». Ma picchia anche sul Pd: «Se vuol fare un partito con 5 Stelle e Leu auguri: noi staremo da un'altra parte». Ricorda che la «sinistra alla Corbyn» è destinata alla sconfitta. E ribadisce la dichiarazione di guerra al candidato dem in Puglia: «Ci dicono che se ci candidiamo contro Emiliano perdiamo. Ma se andassimo con lui avremmo già perso».

Il suo sogno sarebbe schierargli contro la combattiva ministra Teresa Bellanova, che però resiste.

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