Politica internazionale

Il G7 spegne il carbone. "Lo stop entro il 2035"

Accordo sulla chiusura delle centrali al vertice italiano. Solo Berlino frena. Pichetto: "Ci adegueremo già nel 2025"

Il G7 spegne il carbone. "Lo stop entro il 2035"

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L'accordo ormai è fatto. E, salvo colpi di scena dell'ultimo minuto, dovrebbe essere ratificato oggi.

Il G7 spegne le centrali a carbone o meglio si dà una data certa: il 2035. Meglio se prima. Entro quella data, i sette paesi più industrializzati diranno addio al combustibile fossile. Fra un bilaterale e l'altro, i ministri dell'energia delle economie più industrializzate del pianeta hanno faticosamente trovato la quadra e oggi rifiniranno i dettagli. È il patto di Venaria Reale.

Ed è un successo importante per Gilberto Pichetto Fratin, il padrone di casa che ospita i colleghi di Germania, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Stati Uniti e Canada nei meravigliosi saloni della reggia di Venaria Reale, alle porte di Torino. «Io sono piemontese - spiega Pichetto - e ho firmato molti degli atti che hanno restituito la reggia allo splendore dell'epoca pre napoleonica».

La discussione, come sempre in questi casi, va in tante direzioni ma il cuore del dibattito è il carbone. L'Italia continentale ha due centrali, Civitavecchia e Brindisi, e il ministro dà un primo annuncio che a suo modo fa epoca: «Nel giro di un anno, forse meno, chiuderemo con il carbone. Ero già pronto a settembre, poi ho avuto un ripensamento».

La geopolitica di questi tempi terremota tutte le certezze e fa sbiadire il sogno dei Green Deal. L'elenco dei disastri e delle crisi è interminabile: la guerra alle porte di Kiev, Gaza e il Mar Rosso. Pichetto però non si tira indietro: «Ho frenato ma la strada è tracciata. Presto, molto presto procederemo con questo passo virtuoso».

Resta la Sardegna, ma anche qui il calendario sarà solo un po' più elastico: «Un paio d'anni ma diciamo che entro il 2027 anche qui bandiremo il carbone».

L'Italia fa da battistrada e segue una politica energetica che gli atri big intendono a questo punto condividere. Dietro le quinte, si registra la resistenza della Germania che negli anni scorsi, per liberarsi dal gas russo e per accontentare i partner di una maggioranza di governo frammentata, ha fatto una scelta non proprio all'avanguardia: ha fermato i reattori nucleari, gli ultimi tre giusto un anno fa, e ha spinto sul carbone. Quasi riproponendo gli scenari vintage della polverosa Germania Est.

Ora, a Venaria Reale, la ministra Steffi Lemke difende le esitanti e contraddittorie decisioni dell'esecutivo Scholz, ma alla fine sembra prevalere la linea del bye bye all'energia che ci ha riportato indietro al Novecento.

Insomma, con tutto quello che sta accadendo, è un successo se non clamoroso, almeno molto significativo. Certo, il 2035 non è il 2025 di cui si parlava qualche tempo fa, ma quella data era segnata sulla sabbia, ora il traguardo diventa un impegno. E il fiore all'occhiello di un summit che si pensava come interlocutorio, fra la Cop 28 , ospitata dagli Emirati Arabi Uniti, e la Cop 29 che si terrà in Azerbaijan, presente, come Abu Dhabi, e altri paesi emergenti a Venaria Reale, con delegazioni di altissimo livello.

Va avanti anche la discussione sul nucleare e anche su questo fronte il ministro italiano non perde tempo: nei giorni scorsi è stato dato al professor a Giovanni Guzzetta l'incarico di studiare un possibile quadro legislativo per il nucleare che bussa di nuovo, con i minireattori di quarta generazione. È il futuro che potrebbe arrivare in fretta, dopo lo smantellamento del vecchio apparato tricolore.

«Se si dovesse installare un minireattore, a chi dovremmo chiederlo, al parroco?» ironizza Pichetto. Meglio attrezzarsi.

Anche perché è fin troppo facile immaginare che il ritorno del nucleare si porterebbe dietro un referendum per sopprimerlo ancora in fasce.

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