Il Garante inchioda Tridico. "Può pubblicare i nomi". Lui: c'è una gola profonda

Maggioranza e opposizione chiedono al capo dell'Inps di spiegarsi in Aula. Ma la sua vice accusa il governo

Il Garante inchioda Tridico. "Può pubblicare i nomi". Lui: c'è una gola profonda

Dopo gli hacker, Deep Throat: il presidente grillino dell'Inps, Pasquale Tridico, è sempre assai lesto e fantasioso nell'indicare misteriosi colpevoli per le numerose e spettacolari defaillance dell'ente da lui guidato.

Probabilmente Tridico si immaginava di finire sugli scudi (blindando la propria posizione) grazie all'operazione «furbetti del bonus in Parlamento», magnifico assist alla propaganda antipolitica a favore del taglio dei parlamenti, su cui incombe il referendum. Invece si è ritrovato nel tritacarne: sospettato di aver pilotato l'indiscrezione sullo scandaletto, arrivata direttamente ai giornali, poi di aver tenuto in un cassetto la faccenda per mesi, poi di nascondere i nomi e persino il numero dei «colpevoli» (prima cinque, poi tre, poi chissà) per continuare ad alimentare il fumettone.

«Non sono stato io a divulgare i dati, è stata una gola profonda», si è difeso ieri. Ma visti i precedenti (con l'esistenza degli «hacker», accusati dal presidente Inps di aver bloccato il sito durante il celebre «click day», poi ufficialmente smentita) non è facilissimo credergli. Anzi: da più parti della maggioranza e dell'opposizione si abbatte sul solerte Tridico una raffica di richieste di dimissioni e di audizioni parlamentari in piena estate. Mentre il garante per la Privacy smentisce che l'Inps non possa rendere pubblici i nomi dei presunti «colpevoli»: «Sulla base delle norme vigenti, la privacy non è d'ostacolo alla pubblicazione dei dati», sancisce. E annuncia una istruttoria sulla «metodologia seguita dall'Inps», e sulla «diffusione di notizie».

Durissimo Matteo Renzi: «Mi colpisce il clima da caccia alle streghe che l'Inps ha instaurato: dire e non dire, annunciare e non smentire, far circolare notizie false: nessuno di Italia viva ha preso quei soldi, perché siamo stati coinvolti?». A questo punto, conclude l'ex premier, «chi dovrebbe riflettere sulle proprie dimissioni non sono solo i tre deputati interessati, ma anche e soprattutto il presidente Inps, che da mesi dimostra di essere totalmente impreparato e incompetente». Attacca anche Più Europa: «Come pagherà Tridico per questa operazione opaca di propaganda di regime?», chiede Benedetto Della Vedova. Per Lucio Malan di Forza Italia «ora dopo ora è sempre più evidente che il primo furbetto è lui». Accuse di propaganda ad hoc anche dall'azzurro Simone Baldelli, che avanza il sospetto che «la vicenda sia stata fatta uscire proprio adesso per far montare la rabbia popolare contro il Parlamento e portare acqua al Sì», e quindi ai Cinque Stelle che hanno promosso Tridico. Intanto la presidente della commissione Lavoro Deborah Serracchiani del Pd annuncia che si sta valutando una convocazione straordinaria ad agosto per chiedere al presidente Inps spiegazioni sui molti lati oscuri della faccenda: «Abbiamo chiesto che Tridico venga a chiarire ogni aspetto di questa assurda vicenda, ancora molto opaca, che getta ingiustamente discredito su tutti i parlamentari», dicono da Fdi.

Ma nel mirino finisce anche il governo, per aver deciso la distribuzione di bonus a pioggia senza alcun criterio o limite di reddito. È la stessa vice presidente dell'Inps Gnecchi ad accusare: «Per fare in fretta il decreto di marzo non c'è stata alcuna selettività: bisognava usare i codici Ateco sul ramo di attività. Ma la selettività è arrivata solo a maggio». I bonus a pioggia, dunque, sono stati «un'ingiustizia».

L'esecutivo tenta ora di correre ai ripari, ipotizzando di inserire, nel decreto agosto, un emendamento che stabilisca un tetto di 35-40mila euro di reddito. Peccato però che, nel frattempo, i buoi siano ampiamente scappati.

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