Cronache

Il Gay center: "Morta due volte" La polemica che svilisce Elisa

Marrazzo: «Uccisa come donna e come lesbica» Ma le etichette in un caso come questo non servono

Il Gay center: "Morta due volte" La polemica che svilisce Elisa

Si può morire due volte? Una domanda sciocca che richiede una risposta altrettanto sciocca. Ovvero: no.

Non si può morire due volte, non in quanto lesbica, non in quanto donna, migrante, nero, vegano, non in quanto italiano, straniero. Si muore una sola volta ed è in quanto persona. Che è l'unica nostra caratteristica che merita rispetto, perché le etichette ci sviliscono, ci disumanizzano, ci sbianchettano nomi e identità.

Per questo non ci piace quello che scrive Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center, sulla morte di Elisa Pomarelli, la donna che amava le donne e non Massimo Sebastiani, il gigante amico che l'ha uccisa perché lei lo rifiutava, pur accettando la sua amicizia: «Elisa è stata uccisa due volte: come donna e come lesbica, perché ha rifiutato il suo assassino. Un femminicidio premeditato e compiuto come atto punitivo per Elisa, in quanto donna lesbica. Quanto accaduto dimostra quanto siamo indietro sui diritti delle donne e delle persone lesbiche, gay e trans».

Siamo d'accordo con Marrazzo su molte cose, ma non sul fatto che Elisa sia morta due volte. No, Elisa è morta una sola volta, ed è comunque una di troppo. Lei non portava bandiere arcobaleno, non sfilava al gay pride. Coltivava l'amicizia con un uomo di diciassette anni più vecchio che tutti descrivono ora come un ingenuone di provincia, come un gigante capitato dentro una storia più grande di lui, uno che andava in giro a vantarsi di essere il fidanzato di Elisa senza porsi il problema di schizzare il suo orientamento sessuale, perché probabilmente il fatto che lei, la donna per cui aveva perso la testa forse perché era l'unica che gli concedeva il privilegio di un'amicizia speciale, non volesse essere la sua donna era al di sopra di ogni sua comprensione. Per Massimo il fatto che la sua amica dagli occhi verdi e dai capelli sbarazzini non volesse baciarlo non aveva nulla a che fare con i gusti sessuali della giovane donna ma con il suo sentirsi inadeguato a ogni tipo di amore, di accettazione, di collocazione in un mondo per cui non aveva passaporto; lui brutto, lui goffo, lui incapace di distinguere tra un sentimento e l'altro, tra l'amore e la tenerezza, tra la gita e il bacio, tra il pranzo in trattoria e il sesso.

Per questo Elisa non è morta due volte. È morta una volta soltanto, per avere accettato l'amicizia sbagliata, senza capire che illudere quell'uomo ossessionato da lei era un tragico errore pagato con un prezzo indicibile. Sebastiani non merita, come dice Marrazzo, «di essere giudicato due volte e condannato due volte». Merita di essere giudicato e condannato una sola severissima volta, in quanto uomo che non ha saputo accettare un no, dài. Sebastiani non ha ucciso Elisa in quanto lesbica, perché proprio in quanto lesbica lei aveva probabilmente deciso di potere gestire un rapporto ambiguo che l'ha fatta finire sotto un metro di foglie e sterpi in una fossa da cinghiali e non da donne.

Di qualsiasi orientamento sessuale.

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