Leggi il settimanale

A Gaza fase due già in salita, distanza Washington-Tel Aviv sulla gestione della Striscia

Gli Stati Uniti vogliono accelerare, Israele spinge per la distruzione totale di Hamas

A Gaza fase due già in salita, distanza Washington-Tel Aviv sulla gestione della Striscia
00:00 00:00

Il futuro di Gaza si decide nelle pieghe di una divergenza che, per la prima volta dopo mesi di guerra, espone una crepa visibile tra Washington e Tel Aviv. Alla vigilia del vertice di lunedì in Florida tra Netanyahu e Trump, Stati Uniti e Israele parlano la stessa lingua solo in apparenza. Sotto la superficie dell'alleanza strategica, emerge un dissenso sostanziale su tempi, priorità e soprattutto sulla sequenza politica e militare che dovrebbe ridisegnare la Striscia di Gaza dopo il cessate il fuoco. Washington spinge per avviare già a metà mese la fase B del piano americano, che intreccia smilitarizzazione e ricostruzione. Tel Aviv, invece, rivendica una sequenza inflessibile: prima l'annientamento di Hamas e il disarmo sul campo, solo in seguito la ripresa dell'edilizia. Due visioni opposte del "day after" che mettono a nudo la distanza politica tra le due sponde dell'Atlantico.

Sul terreno Israele accelera oltre il cronoprogramma di Washington: a Rafah le Idf preparano nuove aree urbane per un futuro trasferimento della popolazione, in una zona che dovrebbe rimanere orfana di Hamas e di truppe israeliane. La sicurezza, affidata a una forza multinazionale sul modello Unifil, resta però il punto più fragile. Negli Stati Uniti cresce l'irritazione per le mosse di Netanyahu, ritenute potenzialmente destabilizzanti per la tregua, mentre la Casa Bianca spinge per un governo palestinese di tecnocrati chiamato a gestire la transizione di Gaza, ipotesi guardata con sospetto da Tel Aviv. Sullo sfondo, Hamas si prepara a scegliere il nuovo leader: sfida tra Khaled Meshaal, fautore di una linea negoziale e di un riavvicinamento al mondo arabo moderato, e Khalil al-Hayya, vicino all'Iran e sostenitore della prosecuzione del conflitto, indicato come favorito grazie al sostegno interno a Gaza e in Cisgiordania.

La partita non si gioca solo tra Florida e Medioriente, ma si spinge fino al Corno d'Africa. Qui Israele ha compiuto una mossa destinata a far discutere, diventando il primo Paese a riconoscere formalmente il Somaliland, l'enclave somala autoproclamata indipendente dal 1991. Dietro la cooperazione annunciata in agricoltura, sanità e tecnologia, aleggia l'ipotesi, che inquieta la regione, di un possibile trasferimento dei gazawi. Uno scenario respinto con forza dall'Autorità nazionale palestinese. Abu Mazen alza la voce in difesa della Somalia: integrità territoriale "non negoziabile" e stop a qualsiasi "entità parallela" calata dall'esterno. Sulla stessa linea il Consiglio di cooperazione del Golfo, che definisce l'iniziativa una "grave violazione del diritto internazionale". La tensione sale fino a New York, dove domani pomeriggio il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si riunirà d'urgenza per discutere il dossier.

Sul terreno, intanto, la tregua resta fragile.

A Qabatiya, nell'area di Jenin, le Idf hanno lanciato una vasta operazione dopo un attentato costato la vita a due persone in Israele: arresti, coprifuoco e rastrellamenti su larga scala, con fonti palestinesi che denunciano sfollamenti, edifici civili trasformati in postazioni militari e infrastrutture danneggiate. Crescono anche le tensioni tra coloni e palestinesi vicino a Ramallah, con fermi nel Negev e un arresto armato a un checkpoint.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica