Gentiloni incassa consensi e punta alle larghe intese

Il premier alla Merkel: «L'Italia avrà un governo stabile». Dal Colle a Minniti e Calenda, chi sta con lui

Gentiloni incassa consensi e punta alle larghe intese

Roma Stallo, pareggio, tilt, sistema bloccato? Niente paura, dice Paolo Gentiloni, ci sono io. «L'Italia avrà un governo e, penso, pure stabile. Non c'è nessun rischio che il nostro Paese abbia un esecutivo su posizioni populiste e anti-europee». Certo, i sondaggi non sono rassicuranti, soprattutto per il Pd che vuole esserne «il pilastro», ma il premier è ottimista: «Mancano due settimane e non escludo sorprese. Abbiamo ottenuto dei risultati. Se continueremo fare gioco di squadra, vinceremo». E comunque, scandisce, «è evidente che se nessuno sarà autosufficiente poi la strada per un governo stabile si troverà».

Gentiloni in mattinata è a Berlino, a colloquio con Angela Merkel, elogiata per l'intesa raggiunta sulla Grosse Koalition dopo una lunga e complessa gestazione. «L'accordo di coalizione in Germania è una cosa buona e giusta, che aiuta il progetto europeo. Quindi penso che la decisione dei vertici dell'Spd di sottoscriverlo vada in una direzione importante». Un modello «buono e giusto» pure per noi? Sembrerebbe di sì. Sembrerebbe questa la carta del partito del Nazareno per restare al centro dei giochi.

Prendete Marco Minniti, che l'altra sera si è detto pronto alle larghe intese, cosa che Renzi non ha gradito e Orlando ha criticato. Ora corregge il tiro. «Mi hanno chiesto se farei il ministro dell'Interno in un governo di unità nazionale, che è diverso dalle larghe intese. Questo, purché ci sia il mio partito, lo considererei un riconoscimento al mio lavoro, ma penso che non sia una cosa molto probabile. E comunque è tutto nelle mani del presidente della Repubblica». La differenza è più che altro lessicale.

La questione semmai è chi dovrebbe guidare un simile esecutivo. Molto ovviamente dipenderà dai numeri, dai rapporti di forza tra i partiti, come spiega ancora il presidente del Consiglio: «Io credo che le soluzioni di governo per il nostro Paese non le diano i sondaggi, ma gli elettori il 4 marzo e che tutti dobbiamo rispettare la scelta dei cittadini». Il premier dell'ipotetica Grosse Koalition all'italiana potrebbe infatti anche non essere un esponente del Pd.

Carlo Calenda si tira fuori: «Paolo è più bravo di me, è un asset per il Pese». Matteo Renzi spera di recuperare qualche punto percentuale perché, l'ha detto più volte negli ultimi giorni, «la lotta per diventare il primo gruppo parlamentare è tra noi e Cinque Stelle: deciderà Sergio Mattarella, però è fondamentale per il Pd arrivare in testa». Fondamentale soprattutto per il segretario, se vuole provare a rientrare a Palazzo Chigi.

Da questo punto di vista Gentiloni ha carte migliori. Innanzitutto il gradimento del Quirinale, favorevole alla continuità. Poi, grazie al suo stile britannico, è stimato anche dal centrodestra. E infine lui è ancora il presidente del Consiglio in carica, non sfiduciato, pronto a un'eventuale lunga reggenza se il negoziato per l'unità nazionale dovesse fallire e il Paese andare verso nuove elezioni. «Un mio bis? Il mio impegno scade tra 15 giorni.

Io - dice - voglio fare una campagna nella quale sostengo che il Pd è la forza più affidabile, non su quali intese dopo». E la sua popolarità? «Probabilmente le aspettative erano basse e quindi non c'è stata delusione... poi forse è percepito il fatto che io cerco di fare del mio meglio, di mettercela tutta».

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