Berlino Dialogo tra sordi fra Angela Merkel e Mike Pence. «Il regime iraniano punta apertamente a un altro Olocausto», ha esordito il vicepresidente degli Stati Uniti rivolto alla platea della Conferenza per la Sicurezza di Monaco (Msc), uno dei principali forum internazionali sulle politiche della difesa. Nella capitale della Baviera, il numero due di Donald Trump ha sollecitato una volta ancora Francia, Germania e Gran Bretagna a denunciare l'accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa) e ad allinearsi con gli Stati Uniti: «È giunto il momento per gli alleati europei di smettere di compromettere le sanzioni Usa contro questo regime rivoluzionario e sanguinario». Nel 2015 Parigi, Londra, Berlino (l'E3), Mosca, Pechino e la Casa Bianca di Barack Obama avevano raggiunto un accordo con Teheran che sdoganava il programma nucleare civile degli ayatollah in cambio di controlli su quello militare da parte dell'Agenzia Onu per l'energia atomica. Al contrario del suo predecessore, Trump ha ritenuto l'accordo troppo debole per fermare le velleita da potenza atomica dell'Iran, un paese da decenni in rotta di collisione con gli Usa e con i suoi alleati in Medio Oriente (su tutti, sauditi e israeliani).
Così gli Stati Uniti sono tornati alle sanzioni contro Teheran: da quell'orecchio, però, l'E3, non vuole sentire. «Aiuta davvero uscire dall'unico accordo che esiste con l'Iran?», ha chiesto Merkel a Pence. La rotta di collisione era annunciata: a inizio mese l'E3 ha sviluppato un meccanismo finanziario (l'Instex) proprio per facilitare le transazioni con la Repubblica islamica bypassando le sanzioni a stelle e strisce. Se gli Usa sono in rotta con l'Europa sull'Iran, con la Germania sono ai ferri corti su tutto: entro la fine del 2019 Mosca comincerà a pompare gas nel Nord Stream II, il gasdotto che attraversa il Mar Baltico per fornire gas ai tedeschi, senza passare da Ucraina, Polonia o dalle repubbliche baltiche. Agli occhi degli americani e dei paesi europei centro-orientali, Nord Stream II accresce la dipendenza energetica dell'Ue dalla Russia. Senza dimenticare Mosca è alleata dell'Iran in Siria, anche questa teatro di discordia sull'asse Washington-Berlino. Trump ha più volte espresso l'intenzione di ritirarsi dalla Siria, una scelta che Merkel ha detto di «non condividere». Per cercare terreno comune, la cancelliera ha fatto atto di fede nella Nato, ma anche qua non mancano i dissapori: gli Stati Uniti vorrebbero che ogni paese dell'alleanza dedicasse il 2% del Pil alla Difesa, smettendo di approfittare troppo dell'ombrello protettivo Usa. L'obiettivo del 2% è stato quasi già raggiunto da Romania, Lettonia e Lituania, paesi che temono l'orso russo: con la scusa che la sua economia è in crescita costante e che l'obiettivo è perciò irraggiungibile, la Germania invece viaggia attorno all'1,3% del Pil con trend al ribasso. Problemi poi esistono anche nel rapporto bilaterale: Trump detesta il surplus commerciale tedesco verso gli Usa ed è tentato di imporre dazi all'import di automobile made in Germany.
Eppure il più grande stabilimento della Bmw «è in Carolina del Sud, non in Baviera», ha messo le mani avanti la cancelliera Merkel, osservando che il comparto automotive tedesco esporta sì auto ma anche ricchezza. Parole che le sono valse una standing ovation della platea della Msc, mentre Ivanka Trump e Pence restavano impassibili, a sottolineare che il solco fra le due parti dell'Atlantico è molto largo.
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