In Germania pochi morti. Più giovani tra i malati

L'età media dei contagiati: 48 anni contro i 60 in Italia. Cina superata, ma si teme un'altra ondata

In Germania pochi morti. Più giovani tra i malati

Anche in Germania si fa la conta dei morti. E anche in Germania l'interpretazione dei numeri è affidata a ipotesi per il momento non verificabili. A colpire gli stessi tedeschi è la bassa pericolosità della pandemia, con una letalità salita ieri all'1,2% (6147 nuovi contagi e 145 decessi nelle ultime 24 ore, di fronte a un numero complessivo di infetti che ha superato le 80mila persone).

Il livello di mortalità è di gran lunga inferiore alla media dell'intera Europa, che è intorno all'8%, e nemmeno paragonabile al dato italiano, che supera il 12%. A che cosa è dovuta l'enorme differenza? In molti sottolineano l'aggressiva politica di rilevazione messa in atto da molti Laender, che aumentando il numero dei tamponi effettuati, colgono puntualmente il numero dei contagiati, facendo crescere il denominatore del rapporto tra morti e malati.

Ieri Lothar Wieler, direttore del Robert Koch Institute, l'agenzia federale per la lotta e prevenzione alle malattie infettive, ha aggiunto un altro tassello alla spiegazione, chiarendo che dopo la morte dei pazienti non vengono effettuati esami per stabilire l'eventuale positività. Quindi: o la diagnosi arriva prima o può accadere che un decesso per Covid sfugga alle statistiche.

Un altro elemento da valutare e che a molti appare decisivo è l'età dei malati. In Paesi come l'Italia o la Spagna il coronavirus è la malattia degli anziani. In Germania colpisce soprattutto le persone tra i 35 e i 59 anni, e solo il 19% degli infetti ha superato i 60. Secondo le analisi condotte da un demografo, Andreas Backhaus, l'età media dei contagiati «comprovati» - ossia a cui si è potuto fare i tamponi - è molto più alta in Italia che in Germania, 63 anni contro 45. La domanda da porsi è dunque un'altra: come mai gli anziani tedeschi sono risultati per il momento meno colpiti di quelli italiani? Secondo l'interpretazione prevalente a proteggerli è il naturale «distanziamento sociale» tra le generazioni che è proprio della società tedesca.

In Cina l'80% dei contagi si è verificato all'interno delle famiglie. Anche l'Italia, come si sa, è caratterizzata da un'organizzazione familiare «stretta». In Germania, la percentuale delle persone adulte che vivono con i genitori è la metà di quella italiana. Nonni, figli e nipotini conducono vite parallele con minori punti di contatto. Nel momento della pandemia, questa caratteristica ha steso un velo protettivo sulle persone più avanti con gli anni.

A completare il quadro, poi c'è il buon stato di efficienza del sistema sanitario, in grado di quasi raddoppiare in poche settimane i posti di terapia intensiva. Anche se proprio su questo fronte il già citato Wieler del Koch Institute ha lanciato ieri un grido d'allarme: «Naturalmente sono felice che i letti siano aumentati», ha detto. «Ma non posso essere sicuro che saranno sufficienti. Anzi, personalmente penso di no».

La paura di un'ondata incontrollabile di contagi, dunque, non è scomparsa del tutto.

Anche se un sondaggio tra 200 virologi delle maggiori università del Paese reso noto ieri ha mostrato che l'80% tra loro non pensa si raggiungeranno livelli italiani e spagnoli. A tranquillizzare tutti è stata ieri Angela Merkel: terminata la quarantena è tornata a lavorare nella Cancelleria. Secondo gli opinion poll, la crisi le ha restituito una popolarità che da anni aveva perso.

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