Cronache

Il gestore già cacciato per "grave degrado". Ma ha vinto l'appalto per gestire l'impianto

L'ultimo test l'autunno scorso: "Tutto a posto". Dubbi su lavori di revisione e "controlli visivi"

Il gestore già cacciato per "grave degrado". Ma ha vinto l'appalto per gestire l'impianto

Dentro alle reazioni a botta calda di fronte alla tragedia, di fronte ai primi attestati secondo cui la funivia di Stresa era stata controllata fino a tempi recenti, si fa strada comunque l'ipotesi della strage annunciata: perché la storia recente della AB19 e della AB20, nome burocratico degli impianti che dalle sponde del Verbano portano in altitudine, è una storia di degrado e di incuria, oggetto di interpellanze e di scaricabarile nello stile consueto dei drammi italici. Perché da un lato c'è la certificazione del Ministero delle infrastrutture che ieri sera rende noto che una manciata di mesi fa, a dicembre dell'anno scorso, «sono stati effettuati controlli specifici sulle funi», comprensivi di «controlli magnetoscopici sulle funi portanti, sulle funi traenti e sulla fune di soccorso», e da ultimo, alla fine dell'anno, «l'esame visivo delle funi tenditrici». E dall'altro c'è l'immagine raggelante della cabina accartocciata dal volo e dai rimbalzi, delle fune spezzate di netto, della gita trasformata in bara. Come si conciliano le due certezze, i certificati rassicuranti del ministero e le fotografie del disastro?

Per fare delle ipotesi bisogna fare un passo indietro, andare a una interpellanza che il 3 aprile 2015 il consigliere regionale del Piemonte Maurizio Marrone presenta alla giunta per chiedere conto proprio dello stato di manutenzione del collegamento via cavo tra Stresa e le alture. Nella interpellanza si ricorda che per quasi trent'anni, dalla inaugurazione del 1970 al 1997, le due tratte «vengono gestite dalla società Ferrovie del Mottarone srl», fino a quando «a seguito di grave degrado dell'impianto» vengono tolte alla società e affidate una azienda di servizi incaricata del risanamento. Ma appena quattro anni dopo, nel 2001, la Ferrovie del Mottarone, «la stessa società che aveva portato la funivia a degrado», si aggiudica nuovamente la concessione e poco dopo ottiene anche con i fondi delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006 di realizzare un nuovo impianto.

Ma la storia del degrado e dell'abbandono non cessa, al punto che nel 2014 la gara per la concessione della funivia va deserta. Ma poi a rientrare in scena è ancora la Funivie del Mottarone. Che appalta la manutenzione dell'impianto alla Leitner di Vipiteno, in Alto Adige, un colosso delle funivie che gestisce 132 impianti sparsi per il pianeta, che ieri sera dirama un comunicato in cui, ricalcando il testo del ministero, conferma che l'ultimo controllo risale all'autunno scorso «e che gli esiti dello stesso non hanno fatto emergere alcuna criticità». E riecco la contraddizione stridente tra la apparenza tranquillizzante dei certificati, e quel rumore di sibilo, quasi di frusta, che due gitanti ieri sentono fischiare sopra di loro, pochi secondi prima di vedere la cabina precipitare verso valle, sganciare, schiantarsi.

A riferire la testimonianza è Marcella Severino, sindaco di Stresa, che ieri scende attonita dal luogo della strage. Eppure anche la Severino ieri conferma che «l'impianto era stato collaudato e riaperto ieri» (sabato, nda). Così il tragico mistero di un impianto che sulla carta era in piena efficienza e che si schianta come un Lego col suo carico di vite umane viene affidato all'indagine della Procura di Verbania, «omicidio colposo plurimo», e alla trafila delle perizie che da oggi cercheranno di cristallizzare la scena della valle, alla ricerca di frammenti e di schegge: e soprattutto a Stresa, nella cabina di comando, dove è ancora avvolta la bobina della fune portante. É lì che forse si cela una parte delle risposte, perché se la fune era lesionata è difficile immaginare che lo fosse in un solo punto: e ancora più difficile è immaginare che le lesioni, una o tante che fossero, siano sfuggite ai controlli «magnetoscopici» dell'autunno scorso.

Ma la Procura vorrà anche capire cosa sottintenda l'espressione che appare nel comunicato ministeriale, dove si parla di «controlli visivi»: e che detta così non appare una analisi affidata a strumenti tecnici, ma soltanto al fallibile occhio umano.

Una superficialità che sarebbe tanto più grave davanti alla storia di degrado dell'impianto.

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