Cronache

Il giallo dello studente Usa nel Tevere: assolto il senzatetto accusato dell'omicidio

Contro Galioto il racconto della compagna. Ma la donna è miope e sotto cura

Il giallo dello studente Usa nel Tevere: assolto il senzatetto accusato dell'omicidio

Roma - Americano gettato nel Tevere: assolto il punkabbestia. Massimo Galioto, il clochard di 44 anni accusato di aver ucciso Beau Solomon, studente 19enne alla John Cabot University, non ha commesso il fatto. È innocente. L'udienza si è svolta nell'aula bunker di Rebibbia. La sentenza della III Corte d'Assise di Roma arriva dopo quattro ore di camera di consiglio. Le prove raccolte sull'imputato non sono sufficienti. L'accusa è fondata esclusivamente sulla testimonianza della compagna di Galioto, Alessia Pennacchioli. La donna, miope e con occhiali da vista rotti, era anche sotto l'effetto di psicofarmaci la notte in cui Solomon finisce in acqua. Nonostante ciò la sua testimonianza, raccolta dai pm Nadia Plastina e Gennaro Varone titolari delle indagini, viene ritenuta attendibile dal gup Anna Maria Gavone che lo rinvia a giudizio.

Una storia che inizia con una sbornia assieme ai compagni di corso nella notte del 30 giugno di tre anni fa. Solomon è appena arrivato nella capitale da un paesino del Wisconsin. Con gli altri studenti passa la serata per locali a Trastevere. Poi si allontana e arriva sulla banchina di Ponte Garibaldi. È sbronzo, qualcuno gli ruba il portafogli. E così scende dal lungotevere fin sotto il muraglione per tentare di recuperarlo. Ma qui attacca subito briga con i barboni che dormono sull'argine del fiume. In particolare il ragazzo comincia a litigare con alcuni punk. Viene circondato da quattro di loro. Le telecamere li riprendono mentre discutono animatamente con Beau. Dalle immagini, però, si vedono solo ombre o poco più. In particolare s'intravede una persona che esce dal mucchio, colpisce il ragazzo e lo spinge nel fiume. Solomon muore annegato e il suo corpo recuperato due giorni dopo all'altezza dell'isola Tiberina. Sulla testa una ferita profonda, provocata sicuramente dalla caduta. Le carte di credito sparite e subito utilizzate, spiegano i genitori Jodi e Nick arrivati in Italia con gli altri figli Jake e Cole per il riconoscimento. Il clochard viene arrestato una settimana dopo, il 7 luglio 2016. Interrogato si dichiara innocente: «Io non c'entro niente». Secondo l'accusa, invece, è lui a tirare calci e a spintonare il giovane nel Tevere. Non solo. Galioto non avrebbe fatto nulla, una volta in acqua, per salvarlo. Tanto che dalla prima accusa di omicidio preterintenzionale si arriva a quella di omicidio volontario aggravato. Per Galioto, insomma, si chiede l'ergastolo. Ma il suo difensore è sicuro: «Ci aspettavamo il rinvio a giudizio ma siamo tranquilli - spiega l'avvocato Michele Vincelli -. Non credo che possano esserci elementi per condannarlo». La Pennacchioli, dal canto suo, viene ascoltata per ben otto volte solo nella fase istruttoria. Le sue dichiarazioni sono lacunose e contraddittorie. Tanto che dopo cinque mesi di reclusione il gip dispone la scarcerazione di Galioto. Parole, quelle della Pennacchioli, «non sempre coerenti e a tratti pure lacunose» scrive il gip sulle motivazioni del provvedimento. Cieca come una talpa, con lenti di correzione rotte, scarsa illuminazione, a distanza di diversi metri e «appena risvegliata dopo un breve sonno indotto dall'assunzione di psicofarmaci, tanto da non percepire la presenza di più attori sulla scena». Esattamente l'opposto di un testimone attendibile, soprattutto se la condanna richiesta è il carcere a vita. Per il gip, inoltre, l'inchiesta ha evidenziato il fatto che a discutere con Solomon sarebbero state più persone. Tutte ancora non identificate.

Insomma, dopo tre anni si riapre il caso anche per gli uomini della squadra mobile romana. SVla

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