Il giallo della foto dei "nipoti" partigiani

L'immagine dei bimbi in corteo virale La rete si divide sull'uso strumentale

Il giallo della foto dei "nipoti" partigiani

È la fotografia dell'Italia peggiore, quella che strumentalizza i bambini per lanciare messaggi di propaganda. L'immagine parla da sé: due bimbi che non arriveranno ai 10 anni, un maschio e una femmina, lei con lo zainetto rosa sulle spalle, lui col faccino innocente e una bottiglietta d'acqua, che sotto il primo sole primaverile sfilano con un cartello in mano, presumibilmente il 25 aprile, con su scritto «mio nonno sparava ai fascisti, non li votava». Lo scatto è diventato virale in poco tempo ed è stato rimbalzato dalla pagina di «Azione antifascista», tra i commenti indignati della gente. «È molto triste - scrive qualcuno - strumentalizzare i bambini in questo modo, mettendo loro in mano cartelli che non possono comprendere».

Le considerazioni da fare sono più di una, anche se la foto fosse falsa. Da una parte, quei piccoli ovviamente non possono capire che c'è scritto su quel cartoncino su cui qualcuno ha riportato una frase che inneggia alla violenza. Dall'altra, che vuol dire «sparava ai fascisti»?

La storia della Resistenza (e ormai è passato qualche annetto dai tempi della Seconda guerra mondiale), è fatta di episodi in cui i partigiani uccidevano i camerati. Oggi i fascisti, quelli veri, non esistono più, sono un'invenzione della sinistra, un'idea tutt'altro che romantica conservata da radical chic e buonisti per creare un nemico morto e sepolto, fantasma e incubo per chi cerca di far passare il messaggio che i partigiani erano tutti buoni, che il bene sta a sinistra e che tutto ciò che è dalla parte opposta va represso.

Quando, nel 2016, un gruppo di bambini fu immortalato mentre faceva il saluto romano a Revine, al raduno degli Skinhead del Veneto fronte, apriti cielo. I genitori dei piccoli furono accusati di strumentalizzazione e si aprì un dibattito senza fine. Oggi, commenti social a parte, la parte politica che giustifica tace, chiusa in un silenzio che ha il sapore amaro del menefreghismo.

«Ma quei genitori che hanno messo in mano un cartello a due creature innocenti lo sanno che i bambini devono giocare e stare lontano - scrive qualcuno commentando lo scatto - anziché essere messi a contatto con una politica sporca e che usa l'innocenza per raggiungere il suo scopo di diffondere messaggi di odio e incitamento alla violenza?».

Peraltro, per sparare ai fascisti in tempo di guerra, il nonno dei due piccoli dovrebbe essere quasi centenario; eventualmente, più facile che fosse il bisnonno. Ecco perché certi slogan sono, oltre tutto, molto forzati sul piano della realtà. Ci lamentiamo di violenze fisiche inaudite verso i minori, mettiamo le telecamere negli asili per tutelarli da chi fa loro del male, ma di fronte a violenze morali, come queste, restiamo inermi, limitandoci a commenti sui social.

La vera liberazione sarebbe rendersi conto della gravità del gesto di quei genitori e intervenire per far loro presente che non esiste cosa peggiore che mettere i loro figli al centro della gogna mediatica. Antoine de Saint-Exeupéry diceva, d'altronde, che «tutti gli adulti sono stati bambini, una volta. Ma pochi se ne ricordano».

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