
Due connazionali su novemila irregolari arrestati negli Usa. Uno dei quali già in viaggio per l'Italia, l'altro in attesa di venir rispedito a casa. La notizia, volendo chiamarla tale, era tutta qua. Ma per molte ore il caso di quei due concittadini è servito ad alimentare il consueto gossip di politici e media nostrani sempre pronti ad attaccare il governo, accusarlo di sudditanza nei confronti dell'America di Donald Trump e d'indifferenza rispetto ai drammi dei nostri connazionali.
Ma partiamo dal contesto, ovvero dalle informazioni, inizialmente assai confuse, riguardo alla presenza di almeno 800 cittadini europei fra i 9mila «irregolari» fatti arrestare dall'amministrazione Trump e pronti a venir deportati a Guantanamo, in territorio cubano, prima di venir rispediti nei paesi d'origine. A far temere che fra quegli 800 europei vi siano molti italiani contribuisce un'informativa, a dir il vero parecchio confusa, arrivata nelle prime ore di ieri sulle scrivanie di Palazzo Chigi e della Farnesina. «Secondo prime frammentarie notizie - scrive la nota esaminata da Il Giornale - sarebbero attinti dal provvedimento anche 800 cittadini di provenienza europea (tra i quali britannici, francesi, irlandesi, olandesi) inclusi italiani. Immediati riscontri effettuati presso il Department of State (DoS) non consentivano di ottenere indicazioni nel merito». E ad alimentare l'allarme concorre il passo in cui si citano «discordanti versioni» sul destino degli europei. «Secondo una prima versione verrebbero indistintamente trasferiti a Guantanamo Bay tutti i fermati. Altre indicazioni - spiega la nota - segnalerebbero un trattamento differente per gli stranieri europei e di paesi alleati degli Usa che assumano atteggiamenti collaborativi».
L'imprecisione della nota - basata probabilmente sulla frettolosa rimasticatura dell'articolo del Washington Post che per primo, ieri, fa luce sulla vicenda - concorre a generare ulteriori allarme. Anche perché la notizia, subito tracimata dai palazzi governativi alle agenzie di stampa, fa supporre l'imminente deportazione di numerosi italiani nello stesso centro di detenzione in cui venivano reclusi - senza alcun rispetto per i più elementari diritti umani - i terroristi di Al Qaida. Ma si tratta di una congettura decisamente errata.
Il centro di detenzione per terroristi - pur trovandosi all'interno della stessa base navale di Guantanamo non ha nulla da spartire con il «Migrants Operations Center» dove in passato sono stati già detenuti i cubani giunti via mare. In quel centro, assimilabile ai nostri Cpr, vengono internati, in attesa di esaminare il loro status, i migranti che si oppongono al rimpatrio o vengono rifiutati dai paesi d'origine. Dunque nulla che riguardi i cittadini italiani. Anche perché Roma nel frattempo ha già comunicato, per bocca dello stesso ministro degli esteri Antonio Tajani, di esser pronta a riprendersi tutti gli italiani. «L'Italia è disposta a riprendere gli irregolari nel pieno rispetto dei loro diritti. Non vi è possibilità che gli italiani siano trasferiti a Guantanamo, non c'è da allarmarsi. Siamo disponibili a rimpatriare gli irregolari» - conferma il nostro ministro degli Esteri. E così - mentre in Italia ancora ci si strappa le vesti - negli Usa il caso dei due nostri connazionali appare già concluso con il rimpatrio del primo e l'imminente espulsione del secondo. Il Dipartimento della Sicurezza interna (Dhs), rispondendo a una richiesta di chiarimenti di LaPresse, chiarisce nel dettaglio: «Nessun cittadino italiano residente illegalmente negli Stati Uniti verrà trasferito a Guantanamo prima del rimpatrio in Italia. Questa storia è una fake news. Non accadrà».
L'eventuale deportazione di altri italiani e le condizioni per il loro ritorno in patria verranno discusse, invece, quest'oggi nel corso di una telefonata già fissata tra il ministro Tajani e il segretario di Stato Marco Rubio.