di
Parigi «Sei la meravigliosa figlia di Adamo ed Eva appena tornata nel Giardino dell'Eden. Stai passeggiando graziosamente e pacificamente verso un altro albero di mele. Prendi la giusta decisione stavolta». Le istruzioni per le modelle scritte su un cartello nel backstage sono come la prima sfilata di Pierpaolo Piccioli nei panni dell'unico direttore creativo di Valentino: una meravigliosa miscela di complicazione e semplicità, ragione e sentimento, forza e ironia. Il pubblico applaude senza ritegno e la commozione diventa irrefrenabile quando il designer abbraccia Maria Grazia Chiuri, l'amica e partner professionale di una vita che dallo scorso luglio disegna Dior. «Che bello fare l'ospite» esclama lei seduta in prima fila accanto a Giancarlo Giammetti che è stato per anni il suo capo in quanto socio e partner di Valentino, ad Alber Elbaz che oggi pomeriggio verrà insignito della Legion d'onore, a Olivier Rusteing di Balmain e a Giambattista Valli che oltre a essere suo compagno di scuola le ha presentato Pierpaolo. A poche sedie di distanza da questa specie di famiglia di moda ci sono la moglie e i tre figli di PPP, amiche e fan come Valeria Bruni Tedeschi, Dakota Flanning e Alba Rohrwaker mentre Monsieur Garavani è in un'altra stanza. «Bellissima e c'è molto di me» commenta e in un certo senso ha ragione perché certe costruzioni a pieghe che aprendosi rivelano un altro colore, i giochi cromatici decisi e al tempo stesso misurati oltre al taglio impeccabile dei capi han sempre fatto parte della sua mistica della femminilità. Qui però c'è di più: un vero e proprio giardino delle delizie in cui qualunque donna dai nove ai novant'anni vorrebbe vagare per l'eternità. «Ho fatto una sorta di staffetta del tempo» spiega Pierpaolo raccontando di esser partito dal celeberrimo trittico delle delizie dipinto da Hieronymus Bosh tra il 1480 e il 1490, un'opera conservata al Prado di sconvolgente bellezza. Da questa foresta di miniature che nascondono simboli e significati giganteschi si arriva a Zandra Rhodes, la stilista inglese nota come «principessa del punk» che ha creato in esclusiva alcune delle stampe di collezione. Il risultato è sensazionale perché da tutto questo magma d'emozioni etiche ed estetiche (c'è perfino un riferimento a Gutemberg e una stampa ispirata alle metamorfosi di Ovidio) si arriva a una collezione tutto sommato semplice. Ci sono abiti dalla silhouette fluida e allungata, colori pazzeschi (rosso e rosa insieme, verde chartreuse da solo, il ciclamino in tutti i modi, il nero in salsa punk), costruzioni bellissime come i due rettangoli di pelle che diventano un top a fazzoletto oppure il trench mutuato dalla mantella. Dello stesso calibro gli accessori tra cui il cosiddetto «Love Blade»: un astuccio-gioiello contenente specchio e rossetto appeso alla lunga catena da portare a bandoliera come le preziose borsine porta telefono, carta di credito e chiave magnetica di una suite. «Stavolta ho lavorato al servizio della grazia che è molto più della bellezza» conclude PPP spiegando di aver vissuto questo delicato momento di passaggio come un nuovo inizio. Dire che è stato bravo ci sembra poco.
Non si può dire altrettanto di Phoebe Philo che per Celine usa tutti i nuovi stilemi di Demna Gvasalia, lo stilista georgiano che disegna Balenciaga con un uso spregiudicato di spalle iperboliche, forme ai confini della realtà, il brutto e lo strano intesi come necessità. Gli unici pezzi belli di Celine sono un paio di chemisier lunghi e larghi come non mai oltre al sensazionale set con un'installazione in vetro e specchi dell'artista Dan Graham. Il resto è davvero inquietante: scarpe di colori diversi, borse gigantesche, forme impensabili.
Tutta portabile, invece, la seconda collezione di Nina Ricci disegnata da Guillaume Henry, giovanissimo ex designer di Carven. C'è di tutto: gonne e pantaloni, giacche e camicie, righe e tinta unita, il corto e i piccoli pezzi pieni di cocotterie parigina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.