
Potrebbero cominciare già durante la tregua nella Striscia di Gaza i lavori per quella che il ministro della Difesa israeliano ha definito la "città umanitaria", la zona sulle rovine di Rafah, a Sud, che Israele intende destinare a migliaia di sfollati. Ma sono passate meno di 24 ore dall'annuncio del ministro Israel Katz e già si alzano voci critiche, se non feroci, sul piano. Il progetto, per il quale il ministro ha dato istruzioni all'esercito e al suo dicastero di presentare un piano, prevede che siano ospitati inizialmente circa 600mila palestinesi che vivono nella zona di Mawasi, sulla costa, già sfollati da altre zone della Striscia. Ai civili non sarà permesso di lasciare la zona, ha detto il ministro, e tutti verranno sottoposti a screening per assicurarsi che non vi siano agenti di Hamas tra loro.
Il progetto ha ricevuto la "benedizione" del primo ministro Benjamin Netanyahu ma anche del presidente americano Donald Trump. Entrambi hanno parlato di "migrazione volontaria". Secondo il premier Bibi, "Gaza non dovrebbe essere una prigione, ma un luogo aperto", e se i palestinesi vorranno andarsene, "dovrebbero poterlo fare". "Si dovrebbe dare alle persone la libertà di scelta. Stiamo lavorando a stretto contatto con gli Stati Uniti per trovare Paesi che cercheranno di realizzare ciò che dicono sempre, se vogliono dare ai palestinesi un futuro migliore e penso che ci stiamo avvicinando a trovare diversi Paesi. Abbiamo avuto una grande collaborazione da parte di molti Paesi limitrofi, una grande collaborazione da ognuno di loro. Quindi qualcosa di buono accadrà".
Anche Trump ha espresso pieno sostegno al piano, parlando di "grande cooperazione" da parte di Paesi vicini per accogliere i gazawi. Un alto funzionario israeliano ha dichiarato dopo l'incontro: "Sono convinto che Trump sia serio su questo progetto. Il piano è vivo. Ora serve coordinamento operativo: non solo sugli obiettivi, ma su come raggiungerli. È ciò di cui abbiamo discusso. La volontà politica c'è". Il progetto, criticato come tentativo di pulizia etnica, è stato rifiutato in passato sia dalle autorità palestinesi sia da molti governi della regione.
Non a caso è bastato annunciarlo per scatenare le prime durissime reazione e per far gridare all'orrore diversi analisti. Fra questi Amos Goldberg, storico dell'Olocausto presso l'Università Ebraica di Gerusalemme, che ha definito il progetto di Katz come "piani chiari per la pulizia etnica di Gaza" e per la creazione di "un campo di concentramento o di transito per i palestinesi prima che vengano espulsi". "Non è né umanitario né una città", ha detto riferendosi all'area di detenzione progettata da Katz per i palestinesi. "Una città è un luogo dove hai possibilità di lavorare, di guadagnare denaro, di stabilire relazioni e libertà di movimento. Ci sono ospedali, scuole, università e uffici.
Non è questo che hanno in mente. Non sarà un luogo vivibile, proprio come le aree sicure sono invivibili ora", ha aggiunto. "Cosa succederà se i palestinesi non accetteranno questa soluzione e si ribelleranno?", si è chiesto Goldberg.