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La gioia e l'orgoglio del vertice di Fdi: raggiunto un traguardo inimmaginabile

La leader incassa il mandato per la trattativa sul nuovo governo. Lollobrigida: "Ma in realtà l'aveva già ottenuto dagli elettori"

La gioia e l'orgoglio del vertice di Fdi: raggiunto un traguardo inimmaginabile

Una folla di giornalisti e telecamere rallenta il traffico all'ingresso della storica sede di via della Scrofa quando Giorgia Meloni in tarda mattinata arriva per la prima riunione dell'esecutivo nazionale di Fdi dopo la vittoria del 25 settembre. A parte l'ovvia attenzione mediatica e qualche colpo di clacson di chi al volante è costretto ad aspettare, tutto va come sempre. Lei scende dall'auto, cellulare in mano, ma spiega che non sta leggendo la lista dei ministri, «solo sms». «Anche di Salvini?», le domandano, e lei sorridendo annuisce: «sì». I vertici del partito arrivano alla spicciolata, chi prima, chi a ruota della presidente. Tra gli altri ecco Giovanni Donzelli, Luca Ciriani, Isabella Rauti, Adolfo Urso che dribbla le domande sul totoministri, Marco Marsilio, Andrea Delmastro, Francesco Lollobrigida, Raffaele Fitto.

Molti arrivano a piedi, quasi nessuno rilascia dichiarazioni, come Fabio Rampelli che s'infila sorridente nell'androne del palazzo, zaino in spalla, inseguito invano dai giornalisti. Ignazio La Russa inciampa in una crepa sul marciapiede prima di entrare, e a chi gli chiede se «è stato Salvini a farla inciampare?» replica ridendo «no, non è Salvini, è il sindaco di Roma, che fa le buche».

I sorrisi come è ovvio abbondano, ma nonostante il trionfo alle urne la prima riunione di vertice dopo il voto non diventa una festa. La parola d'ordine resta sobrietà, anche se l'orgoglio è palpabile e la soddisfazione pure, intorno al tavolo quadrato, e la sintesi la fa proprio la leader, nel suo intervento. Ricordando, seduta tra Ciriani e Lollobrigida, come non siano nemmeno dieci anni che Fdi esiste (il decennale cade il prossimo 21 dicembre), e che tornando al 2012 «non potevamo certo immaginare i traguardi che avremmo raggiunto». Ora, aggiunge, dopo il voto di due domenica fa è il momento di «raccogliere con orgoglio i frutti di un duro lavoro, portato avanti con costanza, determinazione e senza mai prendere scorciatoie». Un percorso che in dieci anni ha portato il partito fondato insieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto da meno del 2 per cento al 26 per cento, e a crescere di quasi 6 milioni di voti in 4 anni. E proprio di fronte a un simile exploit, la presidente elogia la sua classe dirigente per quella che chiama una «prova di stile e di serietà», avendo evitato festeggiamenti «malgrado la storica vittoria» in quanto, rispetto al momento difficile del Paese e alle sfide che l'Italia sta vivendo «sarebbe stato inopportuno». «La gioia e la legittima soddisfazione - ha aggiunto Meloni - hanno lasciato subito spazio al pragmatismo e al senso di responsabilità». Nelle due ore di vertice, concluso col pieno mandato alla leader per condurre le trattative per il governo («Ma glielo avevano già dato gli elettori con il loro voto», chiosa al termine Lollobrigida), i dirigenti di Fdi fanno il punto sul lavoro che li attende. «Siamo pronti, assicura la presidente, confermando «il contatto con l'esecutivo di Draghi per agevolare una transizione ordinata».

E prima di chiudere la riunione, Giorgia Meloni mostra di conoscere bene il clima che aspetta lei e il suo partito come forza di governo dopo anni di opposizione, quando a proposito dei ritardi nel Pnrr («Evidenti e difficili da recuperare») avverte i suoi: «Sarà una mancanza che non dipende da noi, ma che a noi verrà attribuita anche da chi l'ha determinata».

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