«Dal blocco dei licenziamenti si deve uscire con un sistema di ammortizzatori sociali che permetta a chi esce dal circuito produttivo di avere comunque un reddito ed essere assistito e riaccompagnato all'ingresso del mondo del lavoro non appena questo lo permetterà, gestendo la fase di transizione settore per settore».
Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, intervenuto a una conferenza, ha ribadito il proprio pensiero sul ritorno alla normalità alla normalità nel mercato del lavoro. L'esponente leghista ha ricordato che il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, «sta lavorando», per l'appunto, alla riforma degli ammortizzatori e che, soprattutto, «ci sono settori che faranno più fatica a riprendere, mentre altri sono stati colpiti in modo minore». Ecco perché la risposta «deve essere graduata e differenziata».
Il protagonismo all'interno del governo Draghi dell'alter ego nel Carroccio di Matteo Salvini evidenzia in maniera netta come i rapporti di forza all'interno della maggioranza siano progressivamente mutati. Sebbene numericamente la parte più consistente in Parlamento sia quella che sosteneva il Conte-bis, dal punto di vista strettamente politico il centrodestra è risultato determinante non solo in tema di riaperture, ma anche per quanto riguarda i provvedimenti inerenti la semplificazione e la Pa, interamente elaborati dal ministro Renato Brunetta.
Non è un caso se Giorgetti afferma di essere «ottimista» sulla ripresa e sulla crescita del Pil «perché il piano vaccinale va bene, perché dopo un periodo così buio c'è voglia di vita e questo anima anche gli spiriti imprenditoriali, serve domanda e la domanda, sia pubblica che privata, è destinata a crescere». Dall'altra parte, invece, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, interpellato sulle stime del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi («I licenziamenti saranno poco più di 100mila», ha detto ma per l'UpB saranno addirittura 70mila) non può far altro che smorzare gli entusiasmi. «Credo che nella valutazione di Bonomi ci siano note di eccessivo ottimismo», ha dichiarato ieri aggiungendo che «ci sono ancora settori che soffrono e che soffriranno». Il premier Draghi ha incontrato ieri il segretario Cgil Maurizio Landini ma il confronto diretto non ha sortito nessun risultato: il sindacato vuole lo stop fino a ottobre. La maggioranza non è compatta e il centrodestra è formalmente contrario a un'ulteriore proroga considerata anche la contrarietà della Commissione Ue.
Il problema è che il lavoro di Orlando procede a rilento (non solo per responsabilità del ministro). Il progetto di riforma, fondamentalmente, si basa una universalizzazione della cassa integrazione (lavoratori dipendenti) con un potenziamento di Naspi e DisColl per i lavoratori discontinui. Il tema è il costo stimato in un intervallo tra 10 e 20 miliardi a seconda della maggiore o minore corposità degli aiuti. La riforma, inoltre, non può prescindere dalla revisione delle politiche attive sulle quali l'Anpal (da poco affidata al segretario generale del ministero del Lavoro, Raffaele Tangorra) ha mostrato notevoli carenze.
Insomma, con il suo intervento Giorgetti si è mostrato molto più ecumenico di quanto non riesca a essere il suo collega della sinistra Pd. E anche in questo caso il centrodestra gli ha fornito immediato appoggio.
Il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Roberto Occhiuto, ha proposto di utilizzare i 4 miliardi dei ristori del primo dl Sostegni non utilizzati (come dichiarato dal ministro dell'Economia Franco) «agli ammortizzatori sociali, che - insieme ai miliardi del Fondo Sure e alle altre risorse stanziate dall'Europa - potrebbero aiutare tanti lavoratori, anche in vista dello sblocco dei licenziamenti». Questa sintonia «ideologica» rende più facilmente intellegibile il collegamento che si è creato in ambito europeo tra lo stesso Giorgetti e il Ppe.
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