Giornata della Terra: le proposte dell'ecologismo conservatore

Non c'è solo l'ambientalismo di Greta Thunberg ma anche il conservatorismo verde che tiene in considerazione l'identità, le esigenze delle imprese e dei ceti sociali più deboli

Giornata della Terra: le proposte dell'ecologismo conservatore

In occasione della Giornata della Terra, che si celebra oggi, è uscito un numero speciale della rivista Nazione Futura dedicato al Conservatorismo verde, ne pubblichiamo un estratto per gentile concessione dell'editore.

Negli ultimi anni, in concomitanza con un’attenzione crescente nei confronti dell’ambiente, è emersa una spiccata sensibilità anche tra i cittadini dei problemi connessi all’inquinamento, al consumo del suolo, alla cementificazione selvaggia, una notizia senza dubbio positiva ma, in concomitanza, abbiamo assistito al tentativo di imporre idee e valori che non hanno nulla a che fare con la salvaguardia dell’ambiente. Emerge così un ambientalismo a senso unico rappresentato da Greta Thunberg che sposa una precisa visione del mondo e della società e che non si può mettere in discussione se non si vuole essere etichettati come nemici all’ambiente. In realtà esiste una visione alternativa di ecologismo che non solo non viene tenuta in considerazione ma di cui la stragrande maggioranza delle persone ignora l’esistenza. Per questo motivo è necessario dare voce al “conservatorismo verde”, a un ecologismo cristiano, identitario superando lo stereotipo per cui l’ambiente, così come la cultura, non può essere un tema caro alla destra. Certo, la politica di centrodestra ha delle responsabilità per non aver posto la necessaria attenzione negli ultimi anni sull’ambiente, nonostante un’importante tradizione culturale alle spalle, ma qualcosa sta cambiando. In realtà, la salvaguardia della natura non dovrebbe avere un colore politico ma dovrebbe accomunare tutti i cittadini a prescindere dalle proprie idee e dal partito per cui votano. L’ideologizzazione dell’ambientalismo avvenuta negli ultimi anni rischia perciò di essere controproducente facendoci perdere di vista l’obiettivo comune a favore della difesa della terra. Un diverso approccio non solo nei contenuti (locale prima di globale, identità, tutela dei più deboli e dei ceti produttivi, uomo concepito come un alleato e non come un nemico della natura) ma anche nel lessico e nella terminologia. Colpisce la frequenza con cui viene utilizzato il termine ambiente (e ambientalismo) e la scarsità di utilizzo della parola ecologia (ed ecologismo). Non a caso con ecologia si intende la scienza che studia le relazioni tra l’uomo, gli organismi vegetali e animali e l’ambiente in cui vivono. Riferendosi solo all’ambiente, si cancella la presenza dell’uomo e si concretizza perciò un approccio che tende a ridurre al minimo (o addirittura a cancellare) la presenza umana. Il contrario dell’approccio cristiano e del concetto di creato. Ma c’è un’altra parola passata in secondo piano rispetto all’ambiente ed è “natura”. Ciò che dobbiamo tenere a cuore è in primis la natura che ci circonda, le sue regole, i suoi tempi, rispettare ciò che ci è stato donato e non pretendere di esserne superiori. In tal senso si verifica l’estremo opposto a chi nega il ruolo dell’uomo rappresentato dal trionfo del materialismo e del razionalismo.

Se all’origine del pensiero naturalistico vi era l’idea di conservare e custodire la natura all’interno di una comunità, espressione di un sano rapporto tra esseri viventi e territorio, come mai oggi è avvenuta una pericolosa inversione, che vede il tema ambientale a esclusivo appannaggio del pensiero globale e progressista? La risposta a mio avviso è molto semplice: mentre nel pensiero conservatore l’idea di custodire, conservare e di tramandare trova la sua naturale collocazione perché insita nel proprio agire, in quello progressista rappresenta un tema estraneo da riportare dentro la lotta politica e quindi necessariamente da ideologizzare e propagandare. È opportuno precisare che il termine conservare, caro ai conservatori, non deve essere declinato come volontà di restaurare, ma come desiderio di custodire valori, opere e bellezza e di tramandarli alle generazioni che seguiranno; conservare non significa trasformare il mondo in un museo delle cere, ma essere portatori della tradizione, la quale saprà rendersi attuale in un gioco di adattabilità straordinario. Invece oggi si assiste alla totale assenza di una visione di medio lungo periodo, che si accompagna a un modo di pensare e quindi di agire assolutamente scollegato con il passato e incapace di proiettarsi nel futuro. Un pensare e agire che al contrario vive imprigionato in un eterno presente, che ci impedisce di assumere scelte orientate alla sostenibilità, e alla consapevolezza che il mondo non è nostro, ma ci ospita, ci offre il cibo, la sicurezza e la vita, e per questo abbiamo il dovere di custodirlo e conservarlo non tanto per noi, ma soprattutto per le generazioni che verranno.

Le parole d’ordine devono essere rispetto, equilibrio ed armonia. Rispetto per tutto ciò che ci circonda, per la natura che ci è stata donata e che abbiamo il dovere di conservare. Equilibrio poiché uomo e natura devono creare un bilanciamento basato su un’armonia, dal modo di vivere a quello di costruire, senza mai dimenticare la conservazione di ciò che gli antichi romani chiamavano genius loci, lo spirito dell’uomo, la sua anima, l’identità, la sacralità senza cui non può esistere un vero amore per la terra e la natura. Una sacralità che unisce natura e letteratura accomunate dal senso della bellezza, dai versi di Pier Paolo Pasolini dedicati alla destra divina «difendi, conserva, prega» alle pagine di Gabriele D’Annunzio con le sue descrizioni della natura, le memorie inedite in Italia del principale filosofo europeo Roger Scruton, oltre a Thoreau.

Scindere la natura dal concetto di bello significa non riuscire a comprenderne il senso profondo che solo vivendoci a stretto contatto e lasciandoci trasportare dalle parole dei grandi letterati, possiamo davvero apprezzare.

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