Sono giovani, non si conoscono, non si sono mai incontrati di persona e forse non ne hanno mai sentito nemmeno la necessità. Anche se vivono nello stesso territorio, quello lombardo e, in particolare, hanno un baricentro comune molto concreto: Milano e le province lombarde a Nord del capoluogo, cioè Varese, Lecco e Como. A legarli è un filo invisibile, impossibile da eliminare o spezzare, ma anche difficilissimo da ridurre, circoscrivere. Non si tratta solo genericamente della rete, di internet, ma proprio delle amicizie su Facebook. Contatti virtuali che s'instaurano molto prima della strage parigina di Charlie Hebdo (7 gennaio 2015) e persino dell'autoproclamato Stato Islamico (giugno 2014).
«Nel 2012-2013 neanche i protagonisti delle espulsioni e degli arresti sapevano che la maggior parte delle rispettive amicizie sulla piattaforma di Facebook sarebbero stati oggetto di procedimenti penali e amministrativi - spiegano gli investigatori - Il clamore degli arresti e delle espulsioni ha spinto i giovani a nascondere, gradualmente, la pubblicità delle amicizie. Infatti ci sono alcuni soggetti, rimasti fuori dalle indagini perché non sono risultati coinvolti in nessun tipo di attività di tipo terroristico - che non hanno rinnegato l'omogeneità ideologica con gli indagati».
Tra le amicizie Facebook dello schivo Farooq Aftab - il giovane di origine pakistana residente nel milanese, a Vaprio d'Adda, centotreesimo e, dal punto di vista temporale, ultimo espulso dal territorio italiano, riportato a Islamabad il primo agosto di quest'anno - il Ros di Milano ha scoperto un nome molto più noto del suo. Quello di Maria Giulia Sergio, ormai per tutti Fatima, 29 anni, partita con il marito per la Siria il 21 settembre dell'anno scorso e che da là, via Skype, aveva convinto il padre, la madre e la sorella (tutti arrestati dalla Digos e già condannati, la madre è morta prima del processo, ndr) a raggiungerla. Accusata di associazione con finalità di terrorismo internazionale, Fatima è latitante insieme al marito, il mujaheddin albanese Aldo Kobuzi. E qui torniamo alla rete come mezzo per indottrinare. Il tramite tra Aftab e Maria Giulia è Bledar Ibrahimi, studi coranici al Cairo e intelligenza fuori dal comune, rimpatriato a marzo ed espulso a sua volta anche dall'Albania dove però, secondo gli ultimi controlli dei militari del Ros di Milano, si nasconderebbe ancora grazie ad alcuni preziosi amici.
Altra vittima della rete e delle «cattive» amicizie sembra essere Abderrahim Moutarrik, più noto come «il pugile», un marocchino 27enne residente a Lecco con la famiglia e operaio a Valmadrera, era un kickboxer semi professionista in una palestra di Lugano fino a quando è stato arrestato nell'aprile scorso. L'amico conterraneo Mohamed Koraichi - partito per la Siria con la moglie italiana Alice Brignoli, anche loro già residenti a Bulciago, sempre in provincia di Lecco - tramite la sorella Wafa fa recapitare al «pugile» una pagina di lodi dedicate a lui e al suo operato pro Califfato in Italia.
È allora che Moutarrik, rapito, manifesta il proposito di andare a combattere in Siria, ma Koraichi lo blocca. «È inutile che vieni qui - gli dice - Resta dove sei. Lì puoi fare molto». Ecco il salto di qualità, la nuova policy dell'Isis
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