Il giudice che vince con la lista anti-correnti. "Voglia di rinnovamento diffusa tra le toghe"

Varanelli dopo il pieno di voti a Milano: "Si sono trasformate in una macchina di potere. Il sistema non è più accettabile"

Il giudice che vince con la lista anti-correnti. "Voglia di rinnovamento diffusa tra le toghe"
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Liquefatte come neve al sole. Oppure nascoste nell'ombra, ma ancora potenti. Le correnti della magistratura, quelle che per anni hanno deciso le carriere di buona parte delle toghe italiane, apparentemente svaniscono nelle urne di Milano dove le schede per il rinnovo del consiglio giudiziario disegnano un fenomeno mai visto. I candidati delle correnti «storiche» escono malconci. Per la prima volta, Magistratura democratica - che a Milano ha avuto la sua roccaforte - non è rappresentata. Svanisce anche Area, l'altro correntone delle toghe rosse. E anche le correnti di centro e di destra, Unicost e Magistratura Indipendente, cedono il passo davanti a una lista di senza tessera e senza partito.

La lista si chiama Progetto Base ed è nata dal basso, sulla base di una constatazione semplice: le correnti «hanno stravolto il funzionamento» del sistema di autogoverno della magistratura «mediante prassi di promozione o protezione secondo logiche di appartenenza». E dopo lo scandalo Palamara non è cambiato niente, «non vi è stata alcuna reale svolta». Sono bastate queste poche parole a far piovere sui candidati della lista centinaia di voti. A riprova che il magistrato-base, quello che pensa solo a fare bene il suo lavoro, è il primo a non sopportare più l'invadenza delle correnti.

Il giudice che ha guidato la lista ha 58 anni, si chiama Luigi Varanelli, sta in Corte d'appello, non ha mai avuto una tessera di corrente. Ha una piccola stanza, con i muri che raccontano le sue passioni. I quadri di Hopper. Una croce. «Siamo partiti dal niente, nel novembre scorso, con una assemblea autoconvocata. Siamo cresciuti strada facendo, incontrando i colleghi, parlando dei problemi concreti, e abbiamo scoperto che la voglia di rinnovamento era tanta e diffusa». Volete distruggere le correnti? «No. Noi non siamo contro le correnti. Siamo contro la loro trasformazione in macchina da potere».

Il giorno dopo il voto, i conservatori di Magistratura indipendente - che delle vecchie correnti è quella uscita meglio dal voto, ma pesantemente acciaccata - hanno reagito pesantemente, con un comunicato che accusa Progetto Base di essere la facciata dietro cui si muove la sinistra, le toghe rosse che «con progetti e raggruppamenti di sedicente rinnovamento, hanno pensato di nascondere le loro note appartenenze». È vero? Progetto Base è il Gattopardo che vuole cambiare solo le apparenze? Se si vanno a guardare le preferenze raccolte dalla lista autoconvocata si scopre che non è così, Varanelli fa il pieno di voti, subito dietro di lui un altro battitore libero come Andrea Giudici. La prima toga con un passato in Magistratura democratica, Amina Simonetti, prende la metà dei voti di Giudici. In Procura il più votato è Paolo Filippini, il pm dello scandalo Urbanistica, che con i correntoni non ha mai avuto feeling. Morale: i pacchetti di voti che si spostano a comando, il vero strumento di potere delle nomenklature giudiziarie non esistono più.

Cosa è successo, cosa potrà cambiare davvero? Dai consigli giudiziari passano le promozioni e le nomine, è qui che si disegnano - prima ancora che nel Csm - i delicati equilibri che reggono le sorti della giustizia. «Io credo - dice Varanelli - che un sistema in cui i capi diventavano e restavano capi con pareri positivi basati sulla loro tessera non sia più accettabile da parte dei magistrati. Ma a non essere più accettabile è anche un sistema in cui ognuno di noi viene valutato solo sulla base della statistica, senza andare a vedere di che processi si sia occupato, quanto impegno abbiano richiesto.

Nel nostro lavoro uno non vale uno». Come li avete scelti i candidati, cosa avete chiesto loro? «Che avessero voglia di impegnarsi. Che non avessero tessere di corrente. E che non puntassero al Csm o a un posto al ministero».

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