Un anno difficile per tutti. Anche i parlamentari, che addirittura rimpiangono le litigate politiche e… i giornalisti in Transatlantico. Per questo serve uno scatto in avanti, pensando alle riaperture. Matteo Orfini, deputato ex presidente del Pd, chiede un cambio di passo. Dai sostegni alle aziende ai protocolli di sicurezza per consentire alle attività di ripartire. E sulle alleanze avverte: “Vediamo cosa diventano i 5 Stelle”. Ma fissa un paletto: "A Roma impossibile andare insieme".
Il piano vaccinale non va avanti spedito e ci sono numerosi problemi. Il cammino del governo Draghi rischia già di incagliarsi?
Draghi ha ribadito che l’obiettivo di arrivare a 500mila somministrazioni al giorno sarà raggiunti entro fine aprile. Certo, i problemi esistono, a cominciare dall’approvvigionamento dei vaccini. Altri vanno affrontati con maggiore decisione riguardo alle difformità delle Regioni sulla scelta delle somministrazioni. Bisogna prevedere più vincoli.
Per non parlare del caos su AstraZeneca…
La confusione non ha aiutato. Si devono dire parole chiare: è un vaccino sicuro. Io lo farei… ieri, non domani. Insomma, è un modo per dire che lo farò appena sarà possibile. È fondamentale per la mia salute e per quella degli altri.
E come bisogna evitare i casi dei salta-fila?
Serve una lista per gli over booking. Bisogna stabilire delle modalità sicure per avere una lista di attesa, seguendo i criteri prestabiliti. Appena qualcuno rinuncia, deve esserci qualcuno che possa vaccinarsi per usare subito la dose. In questo modo si eviterebbero i salta-fila, garantendo il prosieguo della campagna.
Intanto, dopo un anno di pandemia l'Italia è ancora chiusa, e inizia a montare la rabbia popolare.
Non bisogna banalizzare quello che è successo. C’erano strumentalizzazioni e gruppi estremisti, ma in quella piazza era manifestata una sofferenza. Parliamo di lavoratori che vivono in condizioni difficilissime. Abbiamo provato a dare una risposta, che evidentemente non è stata sufficiente. Ed è naturale che ci sia sconforto. Quindi, da un lato bisogna accelerare con gli indennizzi, ma dall’altro bisogna prevedere strumenti diversi. Penso alla proposta del segretario del Pd Letta, che ha suggerito di aiutare le imprese a sostenere i costi fissi. È lì che bisogna intervenire.
Ma Salvini accusa il ministro Speranza e anche il Pd di approccio ideologico sulle chiusure…
Oggi il virus corre ancora e non dobbiamo abbassare l’attenzione. Su questo punto ha ragione il ministro Speranza. Sono sempre stato tra i rigoristi. Non è possibile aprire quando il virus circola molto. L’errore è stato quello di non investire sul tracciamento, sul meccanismo che consente di uscire dalla soluzione “apri-chiudi”. A Ferrara il professore Cristanti sta testando un meccanismo, con cui abbiamo collaborato. Serve anche ripensare il modello dei sostegni: invece di limitarsi ai sussidi, è opportuno aiutare chi si assume il rischio di ripartire, mi riferisco per esempio agli spettacoli dal vivo e al mondo della cultura.
Ma come bisogna ripensare alle aperture?
È necessario ragionare sui protocolli di sicurezza. Non ci sarà un’ora X in cui riaprirà tutto. Alla progressione della campagna vaccinale, corrisponderà una riapertura graduale. Quando avremo milioni di vaccinati, quelle persone potranno andare al ristorante, al teatro in piena sicurezza. D’altra parte serve rafforzare strumenti di screening e tracciamento per consentire un contenimento della diffusione del virus per chi è in attesa del vaccino.
Immagina quindi un inizio estate con ritorno alla normalità?
Se manteniamo l’obiettivo di vaccinare 500mila persone al giorno, vuol dire un milione di vaccinati in due giorni. E significa tornare progressivamente alla normalità. I mesi di giugno e luglio sono quelli in cui può esserci un po’ di respiro.
Lei è stato molto critico verso la leadership di Zingaretti, con Letta ha colto un cambio di passo?
Letta è partito bene. Ha fatto quello che chiedevo e immaginavo: rimettere al centro il Partito democratico, cominciando da temi come lo Ius soli, la questione giovanile, il lavoro. In questa maggioranza così composita e larga, è importante rilanciare il profilo identitario del Pd. Poi ora si parla di alleanze in altro modo, rivendicando la leadership della coalizione.
Ecco, le alleanze. Meglio Conte o Renzi?
Penso che abbia ragione Letta: si parte dal centrosinistra, che ha una storia comune e valori comuni, che poi ci si confronterà con il Movimento 5 Stelle. È un’importante discontinuità rispetto a chi diceva che i 5 Stelle erano l’alleato privilegiato.
Quindi immagina un campo da Renzi a Speranza…
Per me anche da Calenda a Fratoianni. Parliamo di forze che su alcuni punti divergono, ma che hanno un ancoraggio politico comune nel centrosinistra. E poi vediamo cosa accadrà nel Movimento 5 Stelle, che sta attraversando una fase confusa di trasformazione. Ma l’idea di considerarlo un pezzo del centrosinistra non mi convince. Su temi fondamentali il M5S resta di destra. Sull’immigrazione ha una posizione storicamente più vicina alla Lega. I decreti Sicurezza li firmò Conte.
Su Roma è possibile il confronto con i 5 Stelle?
A prescindere dalla presenza della Raggi, a Roma è impensabile un’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Il problema non è la Raggi, ma quello che il M5S ha fatto con l’amministrazione della città, compresi i municipi.
Quindi il centrosinistra deve andare da solo…
Il centrosinistra unito, compreso Calenda, vince contro chiunque, mentre diviso rischia. L’unità si può cercare attraverso le primarie: è la strada obbligata. Fissiamo una data e delle regole per svolgere una competizione insieme, in cui il Pd indicherà il candidato. Chi vince, sarà il candidato sindaco di tutti.
Al di là della politica strettamente intesa, da parlamentare - quindi da rappresentante degli italiani - come ha vissuto la pandemia?
È stato difficile per tutti, anche psicologicamente. Noi abbiamo avuto l’opportunità di non fermarci prima. Il Parlamento non ha chiuso nemmeno nei giorni del primo lockdown. Io ho provato a viverlo, mantenendo il rapporto con gli elettori, nelle forme possibili. Ho cercato di mantenere viva la presenza nel collegio. Ma certo manca molto il contatto fisico, dovendo fare - per gran parte - la politica su Zoom.
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