"Giuro sui diritti Lgbt". L'altra Costituzione dei deputati di Spagna

Le dichiarazioni dei parlamentari di Madrid. Impegno "per gli esuli", "le rose" e "il pianeta"

"Giuro sui diritti Lgbt". L'altra Costituzione dei deputati di Spagna
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Libero sfogo alla fantasia, e alle inclinazioni culturali di ogni nuovo deputato spagnolo; fino a usare il momento più solenne della prima sessione del Congreso (la Camera che due giorni fa ha inaugurato la legislatura dopo le elezioni del 23 luglio scorso) per rivendicare diritti e forzare la mano sulle questioni più calde, come l'autonomia di certe regioni, inquadrando il mandato citando cantautori o impegnandosi «per gli esuli», «per il pianeta» o «per le 13 rose» (le 13 donne innocenti condannate a morte dal franchismo). Al classico e più istituzionale «sì, lo giuro», «sì, lo prometto», sulla Costituzione si sono aggiunti gli slogan indipendentisti dei deputati dell'Erc, la Sinistra Repubblicana di Catalogna. Impegni a dir poco originali. Tutto possibile, dietro lo scudo della neoeletta presidenta socialista della Camera.

Francina Armengol è salita sullo scranno più alto grazie all'accordo incassato dal premier uscente Pedro Sánchez con Erc (Esquerra Republicana de Catalunya) e con Junts di Carles Puigdemont, leader della tentata secessione. E se non è una novità, uscire dagli schemi, visto che una sentenza della Corte Costituzionale lascia margini di inventiva, stavolta, secondo la portavoce del Partito popolare, Cuca Gamarra, la flessibilità è stata superata fino a «snaturare» i giuramenti e «svuotarli di contenuto».

La deputata Pp ha chiesto di tener conto del Regolamento del Congresso, della legge elettorale e della giurisprudenza. Ma subito è arrivata la replica di Armengol, che ha difeso «tutte le formule» utilizzate, definendole «adeguate a quanto previsto» nell'articolo 4 del Regolamento, in una delibera della presidenza della Camera del 1989 e appunto nell'ultima sentenza della Corte costituzionale.

L'ammissione di lingue locali è stata l'apice della polemica, con la portavoce di Vox, Pepa Millán, che ha denunciato come i deputati non stavano capendo se gli indipendentisti «attaccano» o «osservano» la Costituzione, chiedendo di invalidare il giuramento. Un cabaret-politico, in varie lingue, catalano, basco o galiziano. Fino al giuramento per la «lotta antifranchista» rivendicata da Iñigo Errejón, di Sumar, «per la sovranità popolare e la fraternità tra i poveri, per la giustizia e la Terra». Altri hanno detto di onorare la Costituzione sì, ma «per una Spagna plurinazionale e femminista», come Esther Gil, o «per un nuovo tempo repubblicano», come Gerardo Pisarello. C'è stato anche un messaggio patriottico dalla destra di Vox: hanno giurato «per la Spagna». Da Sumar, Txema Guijarro ha invece promesso di lavorare «per le Spagne». Marta Lois, portavoce del gruppo, lo ha fatto «per la democrazia, per l'uguaglianza e i diritti sociali», e Carlos Martín, «per i diritti dei lavoratori e dei lavoratori».

Se nel 2018 Sánchez giurò per la prima volta da premier senza Bibbia né crocifisso, la Costituzione fu onorata senza voli pindarici. Ma i tempi cambiano e la Spagna si adegua, anteponendo al rispetto della Carta opzioni personali. Dita sulla Costituzione, bocca a briglia sciolta.

Nahuel González, di Sumar, ha citato perfino il cantautore Ovidi Montllor, chiedendo pane per il popolo e non briciole. Mentre al Senato Carla Antonelli (Sumar), prima senatrice trans, ha giurato «contro i discorsi di odio, la Lgbt-fobia e la transfobia».

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