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Giuseppi si dimette solo da dittatore

La concessione: "Non ho una concezione padronale sui fondi"

Giuseppi si dimette solo da dittatore

Tre affermazioni del premier Conte che danno l'idea della situazione a Palazzo Chigi. La prima: «Le risorse dell'Europa non saranno gestite in modo arbitrario dal governo, non abbiamo una concezione padronale». La seconda: «Sfido chiunque a parlare di dittatura o di Conte che vuol decidere tutto da solo. Il mio metodo è forse il più partecipato che sia stato realizzato negli ultimi anni». Terza: la task force sul Recovery Fund sarà istituita «nel rispetto istituzionale, non si tratta di espropriare nessuno».

In sostanza l'unico passo indietro che fa Conte, malgrado l'aria di crisi nella maggioranza e le pressioni da più parti per un cambio (Draghi è il nome che metterebbe d'accordo quasi tutti), consiste nella promessa che la sua non sarà una dittatura e che i miliardi del Recovery fund non saranno gestiti in modo arbitrario da lui e da una ristretta cerchia di fedelissimi da lui scelti «nel rispetto istituzionale». Troppa grazia, presidente, direbbe qualcuno.

Il passo indietro o di lato non è neppure lontanamente nei pensieri del premier, capitato per caso a Palazzo Chigi nel 2018 ma da allora saldamente ancorato alla poltrona, addirittura con due maggioranze opposte (prima Lega, poi Pd e Leu), un primato storico.

Gli ultimi sondaggi, che Conte consulta con interesse e nel caso anche con compiacimento, lo danno in lieve recupero di gradimento, giusto tre punti, dopo il vistoso calo in corrispondenza della seconda ondata (sondaggi da prendere con le dovute cautele, visto che il secondo leader più popolare sarebbe il ministro Roberto Speranza). Ma la salute dell'esecutivo è molto precaria, si andrà verso un rimpasto per accontentare i renziani, o forse un nuovo «patto di legislatura», termini che evocano sempre le battute finali di una maggioranza.

L'unico motivo per cui Conte può sperare di durare ancora è che - come ha fatto chiaramente capire Mattarella - in caso di crisi ci sarebbero solo le urne, e tutti i sondaggi danno vincente il centrodestra. Quindi, per i partiti di maggioranza conviene lo status quo, unica assicurazione di Conte per restare al suo posto, insieme all'emergenza sanitaria che ha blindato l'esecutivo e assegnato al presidente del Consiglio poteri speciali. Ma il consenso del governo è in caduta anche in settori finora non ostili alla maggioranza. Basta leggere l'appello firmato da Cgil, Cisl, Uil, da associazioni come Libera e poi da personalità come Silvio Garattini, Rosy Bindi, don Luigi Ciotti, Luigi Manconi, Livia Turco, che criticano duramente l'esecutivo per aver destinato alla sanità solo una piccola percentuale della risorse messe a disposizione con Next Generation Ue. «È una scelta che ha dell'incredibile. La pandemia ha mostrato quanto fragile, indebolito dai tagli e impreparato fosse il Servizio sanitario italiano e ancor più i servizi sociali» scrivono i firmatari dell'appello, tutti di area centrosinistra.

Non è un segnale positivo per Conte.

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