"La giustizia è incivile: si processa senza prove"

Il capo del tribunale di Torino, Massimo Terzi: "Situazione non conforme ai principi di democrazia"

"La giustizia è incivile: si processa senza prove"

«Non credo di essermi fatto molti amici tra i miei colleghi. Ma ridirei tutto. Perché ho indicato l'unico, vero tema che affligge la giustizia italiana».

Massimo Terzi, 62 anni, in magistratura dal 1981, presidente del tribunale di Torino, sabato scorso ha deciso di andare controcorrente. E mentre i suoi colleghi in tutta Italia inauguravano gli anni giudiziari con le solite proteste sulle carenze di mezzi e senza uno straccio di autocritica, lui ha detto che il dramma vero sono i milioni di italiani che in questi anni sono stati mandati sotto processo senza prove, assolti dopo anni di attesa, di angosce e di sacrifici. Così non si può andare avanti, dice «perché non è conforme ai principi di democrazia».

Come l'è venuto in mente?

«Facendo questo mestiere da un po' di anni ho sempre avuto la percezione che questo sistema non rispetta i diritti delle persone. Siccome sono anche un patito di numeri, mi sono procurato le statistiche. E ne sono rimasto scandalizzato. Ogni anno finiscono sotto processo 150mila persone che poi verranno assolte. Significa nei trent'anni dall'entrata in vigore dal nuovo codice questa esperienza è toccata a cinque milioni di italiani. Se non si interviene, nei prossimi trent'anni toccherà la stessa sorte a altri cinque milioni. E cosa facciamo guardiamo a questa prospettiva con nonchalance? Io penso che sia intollerabile».

Cosa si dovrebbe fare?

«Costringere in modo imperativo e stringente, con una modifica di legge, le Procure a portare a processo solo gli imputati la cui colpevolezza è chiara oltre ogni ragionevole dubbio».

Le diranno: il processo serve proprio a capire se ha ragione l'accusa o la difesa. E a decidere alla fine è il libero convincimento del giudice.

«Nella realtà, il libero convincimento del giudice non esiste: nel processo penale le prove ci sono o non ci sono. I casi davvero controversi, quelli in cui la valutazione è soggettiva, sono così pochi da essere statisticamente insignificanti. Il 50 per cento di assolti vuol dire semplicemente che le indagini sono state fatte male, e che la Procura ha portato in aula processi che non stanno in piedi. D'altronde se non ci sono filtri, se le udienze preliminari finiscono quasi tutte col rinvio a giudizio, i pubblici ministeri sono anche poco motivati a fare le indagini come si deve. Aggiungerei una considerazione».

Dica.

«Questo sistema ha generato una montagna di processi che sta soffocando l'apparato giudiziario, con questo trend tra poco si arriverà a un milione di processi e neanche raddoppiando il numero dei giudici si riuscirebbe a smaltirli. Insomma, a rendere inaccettabile il sistema sono tanto i danni che provoca ai cittadini che la sua insostenibilità economica e organizzativa».

E quindi?

«Visto che il governo annuncia un nuovo codice di procedura penale, si abolisca l'udienza preliminare che di fatto non serve a niente. La Procura si prende la responsabilità di mandare direttamente sotto processo gli imputati per cui ha trovato delle prove inoppugnabili. Il processo si fa con rito abbreviato, a meno che non sia l'imputato a chiedere il dibattimento.

Si ridurrebbe drasticamente il numero dei processi, e questo permetterebbe di farli meglio e soprattutto più in fretta, rimediando alle lentezze che ci vengono rimproverate dal resto del mondo e che violano il principio costituzionale della ragionevole durata».

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