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Giusto lasciare libertà di critica a una riforma copiata dal fascismo

Giusto lasciare libertà di critica a una riforma copiata dal fascismo

Mai come questa volta alcuni magistrati come Armando Spataro, il capo della procura di Torino, ed altri ancora hanno sacrosanta ragione. E sembra strano che politici accorti come il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e il ministro di Giustizia Andrea Orlando stiano per assumere comportamenti lesivi delle libertà personali. Ci riferiamo al diritto dei magistrati di partecipare ai comitati del sì o del no sulla riforma costituzionale. Legnini dice che i magistrati possono esprimere la propria opinione ma non possono partecipare ad iniziative politiche.

Non sappiamo se Orlando e Legnini abbiano fino in fondo consapevolezza che questa volta non si tratta di iniziative volte a bloccare o a lodare una legge qualunque (come, peraltro, ampiamente fatto nel passato nel silenzio assordante del Csm) ma ad approvare, in un referendum popolare previsto dalla legge, la carta fondamentale della nostra democrazia. Anzi, per essere più precisi, una riforma della carta costituzionale che modifica drasticamente la nostra democrazia politica. Questa riforma va vista nel contesto istituzionale attuale e nelle nuove disposizioni della legge elettorale, il fatidico Italicum. Diciamo subito: il combinato disposto della riforma costituzionale e della legge elettorale comporta che gli italiani non voteranno mai più né i senatori né oltre la metà dei deputati, entrambi nominati dalle segreterie di quelli che ancora oggi si chiamano impropriamente partiti. Ma non è finita. Se la riforma costituzionale venisse approvata nell'unica camera, quella dei deputati, abilitata a dare la fiducia al governo, la maggioranza assoluta verrebbe data alla «migliore minoranza», anche se dovesse rappresentare poco più o poco meno di un terzo dei votanti. Basterebbe pensare solo a questi due effetti disastrosi perché il paese insorgesse tutto intero. Purtroppo il conformismo e spesso la disperazione o le convenienze, lo impediscono ma resta il fatto che se passa questa riforma non avremo più né una democrazia parlamentare né una presidenziale. Tra i tanti argomenti dei sostenitori del sì, ce ne sono due che vanno stigmatizzati. Se si vuole rafforzare il governo rispetto al potere del parlamento c'è il presidenzialismo all'americana che stabilizza l'esecutivo rafforzandolo, non certo il pasticcio di una democrazia parlamentare finta con un premio di maggioranza del 15% simile a quello presente nella sola Grecia. L'altro argomento è che si riducono i «politici» e si elimina il bicameralismo perfetto. La riduzione dei parlamentari può essere fatta anche con un sistema presidenziale che non consegnerebbe il paese a una minoranza dei votanti ma alla maggioranza dei votanti. La seconda affermazione è falsa perché il Senato continua a esistere anche se con funzioni ridotte.

Ecco perché a Spataro e a chiunque altro ogni libertà va garantita. Una sfida però vogliamo lanciarla. I sostenitori del sì ci dicano qual è la differenza democratica tra la nuova riforma costituzionale accompagnata dalla nuova legge elettorale con il Regno d'Italia del 1923 quando fu varata la legge Acerbo di fascista memoria cui si opposero comunisti, socialisti e democristiani (allora «popolari»). Sino a quando non ci verrà spiegata noi ricorderemo a tutti che la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia la seconda come farsa ma nella stagione della globalizzazione anche la farsa è una tragedia.

paolocirinopomicino@gmail.com

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