Stesso numero di fascicolo: 33490/16. Al presidente della Lombardia, Attilio Fontana, la Procura della Repubblica non ha riservato neanche il garbo istituzionale di tenerlo un passo fuori dalla malabolgia di corrotti, faccendieri e malavitosi che affolla l'inchiesta «Mensa dei poveri». L'episodio che viene attribuito al governatore, la nomina del suo collega Luca Marsico in un organismo della Regione, ha poco o niente a che fare con la megainchiesta esplosa martedì mattina; gli inquirenti vi sono praticamente inciampati, intercettando il forzista varesino Nino Caianiello; Fontana è l'unico indagato, non vi sono altri inquisiti sospettati di avere tramato con lui la scelta di Marsico come componente esterno del «Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici»; e insomma si sarebbe forse potuto stralciare la vicenda, e aprire un fascicolo a parte risparmiando al presidente della Lombardia di finire in un calderone di compagnie imbarazzanti. Che invece si sia presa la strada dell'inchiesta unica è un messaggio esplicito a Fontana in vista dell'interrogatorio di lunedì prossimo: non si aspetti di venire trattato con i guanti.
Il reato indicato nell'invito a comparire notificato ieri a Fontana, l'abuso d'ufficio, è di quelli che in caso di condanna porterebbero - già dopo la sentenza di primo grado - a estromettere il governatore dalla carica in base alla legge Severino. Ma è anche uno dei reati storicamente più elastici e controversi, anche se nel 1997 venne reso meno vago, rendendo necessario che l'abuso porti a un «ingiusto vantaggio patrimoniale». E proprio su quell'aggettivo, «ingiusto», è probabile che si concentrerà la difesa di Fontana, che spiegherà ai giudici come Luca Marsico avesse tutte le caratteristiche professionali per fare parte dell'organismo regionale. Non si trattava di un tirapiedi o di un'amichetta, ma di un professionista con una lunga esperienza politica e legale alle spalle.
Il problema per Fontana, però, si chiama conflitto di interessi. Ieri in Procura veniva spiegato chiaramente che ad inguaiare il presidente della Regione è la scelta di partecipare personalmente alla nomina dell'amico. Da questo punto di vista, i pm hanno in mano un paio di documenti espliciti. Il primo è il verbale XI/701 della giunta regionale, che documenta la seduta del 24 ottobre 2018: Fontana viene indicato regolarmente come presidente, e non si fa cenno di un suo allontanamento dalla riunione. Al punto 6 del verbale, si decide la nomina dei componenti esterni del Nucleo «nella composizione di cui all'allegato C»: non c'è traccia di discussione o di motivazione. L'allegato C riporta al primo posto il nome di Marsico come «esperto in ambito giuridico con particolare riferimento alla legislazione territoriale, urbanistica e ambientale». Il problema è che nessuna di queste specializzazioni appare nel curriculum di Marsico disponibile su Europass, anch'esso acquisito agli atti. E un problema ulteriore è la dichiarazione sui «potenziali conflitti di interesse» che il 18 gennaio scorso Marsico deposita in Regione in cui non fa cenno ai rapporti professionali con il presidente Fontana.
È su questi perni che poggia il capo d'accusa al governatore lumbard.
Ma lunedì a Fontana toccherà spiegare non solo i passaggi burocratici ma anche le sue frasi nelle intercettazioni, che dimostrano come - in un modo o nell'altro - piazzare l'amico Marsico gli stesse molto a cuore. Forse troppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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