Governo costretto ad ammettere: c'è sintonia

Roma Sul fronte interno le posizioni tra la maggioranza renziana e il centrodestra berlusconiano restano duramente contrapposte. Ma sulla politica estera e sulla crisi internazionale che ruota attorno alla tragedia siriana le distanze sono assai meno incolmabili, anzi in molti punti «una sintonia c'è: dalla centralità della Libia alla necessità di coinvolgere la Russia, fino al giudizio critico su alcune scelte francesi e degli Usa, e sulla inutilità, come dicono sia Renzi che Berlusconi, di un intervento militare in Siria se non si ha chiaro l'obiettivo e il quadro post-bellico», ragiona un esponente Pd. Sottolineando la «differenza tra le scomposte chiamate alle armi di Salvini e i ragionamenti politici del leader di Forza Italia».Così anche nel governo, ieri c'è stato chi ha letto l'intervista di Silvio Berlusconi al Corriere della Sera apprezzandone - silenziosamente - diversi punti. Silenziosamente perché, spiega una fonte autorevole dell'esecutivo, «se ci mettessimo pubblicamente ad apprezzare la mano tesa del Cavaliere sulla crisi internazionale daremmo un'impressione sbagliata: quella di essere pronti ad andare in Parlamento a chiedere, come Cameron, un voto più largo possibile su qualche tipo di intervento diretto. Che, al momento, non è nella nostra agenda». Dunque nessuna chiamata a raccolta bipartisan, per ora, perché le priorità della politica governativa sono in questo momento la legge di Stabilità, il tentativo di rilancio dell'economia e la messa in sicurezza delle riforme.Le assonanze però sono palesi. Se Berlusconi, nella sua intervista, richiamava i capi di governo Ue a «rendersi conto che la Russia è un alleato imprescindibile, non un nemico», sta di fatto, ieri pomeriggio, nell'aula del Senato, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha espresso concetti e perfino parole molto simili, ricordando di aver affermato fin da settembre, in sede di Consiglio di sicurezza Onu, che «di fronte alla sfida del terrorismo era indispensabile il coinvolgimento della Russia», tesi che nei mesi successivi «è diventata molto più largamente condivisa, specialmente dopo l'attacco a Parigi». Coinvolgere la Russia, ha spiegato il ministro degli Esteri, «non vuol dire ignorare le sue differenze e contraddizioni, non possiamo condividere molti dei bersagli colpiti dalla Russia in Siria, o ignorare la gravità dell'incidente tra Russia e Turchia. Coinvolgere la Russia vuol dire pero' riconoscere le potenzialità di un lavoro comune contro Daesh. Se siamo convinti del carattere drammatico e senza precedenti di questa minaccia, e non porsi il problema di coinvolgere anche un Paese come la Russia sarebbe irresponsabile». E in queste ore, dice ancora Gentiloni, l'Italia «si sta adoperando per favorire rapporti diretti tra Turchia e Russia, per evitare il ripetersi di episodi gravissimi come quello di dieci giorni fa». Il ministro ha poi annunciato che il 13 dicembre si riunirà a Roma una «conferenza ministeriale con i grandi player globali» sulla Libia, un «primo passo» per fare della capitale italiana, spiega Nicola Latorre del Pd, «il luogo in cui coinvolgere Ue, Russia, Usa e attori della regione per dare corpo ad un processo di pace e favorire un accordo finora delegato all'Onu».

Un'iniziativa lanciata due giorni fa da Renzi e appoggiata da Berlusconi, secondo il quale «un incontro in Italia dei leader più importanti del fronte contro lo Stato Islamico avrebbe una valenza organizzativa e simbolica importantissima».

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