La luna di miele è finita, le mirabolanti promesse non sono state mantenute, la carrozza del governo rischia di tornare presto ad essere solo una zucca. E i sondaggi, pur confermando che la Lega, in vista delle elezioni europee, è ancora il primo partito, iniziano a registrare la risacca dei consensi per la maggioranza.
L'ultima rilevazione è quella di Emg per la trasmissione di Rai Tre Agorà: il 31,4% degli intervistati dice che se si votasse oggi sceglierebbe il partito guidato da Salvini (in calo dello 0,5% rispetto alla settimana scorsa). Il 22,3% risponde che voterebbe per i Cinque stelle, percentuale in calo dello 0,4% rispetto alla rilevazione di una settimana fa. In totale le intenzioni di voto dei partiti di governo raggiungono il 53,7%, in calo di quasi un punto.
Sul fronte delle opposizioni, Forza Italia e Pd guadagnano terreno: più significativa la crescita di Forza Italia, che con il 10,1% aumenta di quasi un punto (+0,8%). Mentre il Pd, con il 21,5%, cresce di mezzo punto. Stabili Fratelli d'Italia al 4,8% e Più Europa al 2,9%.
La «super-media» dei sondaggi, fatta ogni settimana da YouTrend, conferma le tendenze: non è più solo il Movimento cinque stelle (ormai testa a testa con il Pd) a calare, ma anche il Carroccio. E le amare realtà economiche registrate dal Def (a cominciare dal fallimento delle sedicenti «grandi riforme» gialloverdi, reddito di cittadinanza e Quota 100) non contribuiranno certo, nei prossimi giorni, ad invertire la rotta.
Il clima sta cambiando, e non solo intorno ma anche dentro il governo. Le fanfaronate e le rutilanti promesse del premier e dei suoi due vice non trovano più la stessa accoglienza accondiscendente dentro l'esecutivo. I segnali si moltiplicano: Salvini e Di Maio, stavolta, hanno sperimentato la resistenza inaspettata del ministro Tria alle loro pretese. Ma persino Giancarlo Giorgetti ha spiazzato Salvini, per non parlare di Conte e Di Maio: per fare la mitologica flat tax, ha lasciato capire, sarà necessario alzare le tasse a tutti, grazie all'aumento dell'Iva: «Si vedrà nella legge di Bilancio». Una improvvisa presa d'atto della realtà che ha colto alla sprovvista i tre, intenti a far passare l'idea che l'albero degli zecchini fosse stato piantato e pronto a dare i suoi frutti.
Invece il governo si sta incartando sui mille fronti aperti: dai decreti «crescita» e «sblocca cantieri» che non riescono a vedere la luce, ai cosiddetti «truffati dalle banche» che minacciano di scendere in piazza contro il governo che non sgancia i generosi rimborsi promessi, alla Libia precipitata nel caos con l'Italia totalmente fuori gioco. La tensione interna è altissima, la guerriglia nella maggioranza permanente, il premier non riesce a mediare neppure sugli ordini da fare al bar. La campagna elettorale permanente paralizza tutte le decisioni, ma la propaganda non morde più come prima. E il dopo Europee è estremamente incerto: al Quirinale non nascondono l'allarme per la tenuta dei conti pubblici e la manovra d'autunno, e non escludono che la situazione possa precipitare dopo il voto.
E fanno trapelare i tre possibili scenari: un fragile rimpasto per cambiare gli equilibri interni in maggioranza; una nuova maggioranza guidata da un politico o un tecnico chiamato a fare una pesante manovra (ma con quali numeri?). O anche il rischio di precipitare verso elezioni anticipate. Una cosa si tiene a sottolineare: l'agenda di Mattarella, nelle due settimane post-voto, sarà tenuta libera da impegni esterni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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