Il governo imbavaglia il consigliere del Csm che parla male di Renzi

Il magistrato all'attacco della riforma: «Scenari preoccupanti» Interviene il Guardasigilli, poi il passo indietro. Md: voteremo No

Nuovo scontro al calor bianco tra il governo Renzi e la magistratura. Questa volta ad accendere la scintilla è un colloquio tra la giornalista del Foglio Annalisa Chirico e il consigliere togato del Csm Piergiorgio Morosini, dal titolo «Perché Renzi va fermato». Il magistrato, appartenente alla corrente di Magistratura Democratica, mena fendenti sul Ddl Boschi, esprime giudizi tutt'altro che lusinghieri su alcuni membri del governo come Luca Lotti e Maria Elena Boschi, definisce Raffaele Cantone «un uomo Mondadori», dice la sua sul processo Stato-mafia («i pm dovevano osare di più»).

Morosini, però, in mattinata prima con un comunicato poi con una dichiarazione spiega che si trattava solo di un colloquio informale. «Mi sono state attribuite affermazioni che non ho mai fatto e dalle quali prendo con nettezza le distanze. Prima fra tutte quella che dà il titolo all'intervista: non ho mai detto Renzi va fermato». «Ho spesso detto cose aspre e scomode, ma ho cercato di farlo nel rispetto del ruolo istituzionale. Dà fastidio vedersi cucito addosso un vestito che non è il proprio».

Annalisa Chirico, però, spiega che non è stata lei a cercare il magistrato, ma è stato lui a invitarla al dialogo mentre si trovava nella sede del Csm. La giornalista fa notare di aver preso appunti su un taccuino e aggiunge che con Morosini non c'è una particolare confidenza («ci diamo del lei»). Per il resto, pur ammettendo che il titolo è forzato, conferma il contenuto del colloquio nel quale «Morosini sul referendum non fa altro che confermare la posizione ufficiale di Magistratura Democratica». Che ha aderito ai comitati per il No.

L'articolo è il casus belli per un altro confronto politico tra renziani e magistratura. Il ministro Andrea Orlando chiede al vicepresidente del Csm, Giuseppe Legnini, «un incontro formale per un chiarimento» sulla vicenda. «Se alcune di quelle parole risultassero confermate sarebbero in aperto contrasto con lo spirito di leale collaborazione tra governo e Csm». Dal canto suo Legnini prende le distanze dal togato di Md, definendo «inopportuno» che un consigliere del Csm partecipi a una campagna politica come quella referendaria».

Il giudizio di Morosini riportato dal Foglio è netto. «Se passa la riforma costituzionale abbinata all'Italicum il partito di maggioranza potrà decidere da solo i membri di Consulta e Csm di nomina parlamentare. Renzi farà come Reagan, una bella infornata autoritaria di giudici della Suprema Corte allineati con il pensiero repubblicano. Uno scenario preoccupante». E poi ancora: per la Procura di Milano «si rischia di designare al vertice il capo di gabinetto del ministero della Giustizia». I politici renziani vengono definiti «mestieranti, buoni a gestire il potere», la Boschi «se uno la accosta ad altre personalità come Barbera o Amato vengono i brividi» e con il Pd, «il principale partito di governo investito dalle inchieste pure in Campania». Il Pd affila le armi dialettiche.

Roberto Calderoli va in controtendenza. «Ridicolo che a sollevare contestazioni siano esponenti di un partito che usa come panzer per la campagna referendaria il presidente emerito, Giorgio Napolitano, già re d'Italia».

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