Il governo manda in pensione la riforma voluta dalla Fornero

Il ministro del Lavoro Poletti pensa a strumenti per tutelare i disoccupati più anziani E Renzi si rimangia il bonus da 80 euro anche per partite Iva e chi ha lasciato il lavoro

Roma«Non tutti esodati, non tutti prepensionati». Il sobrio ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si è dato agli slogan in un'intervista al Messaggero . La materia sulla quale vuole intervenire richiede certezze che al momento non esistono. Il progetto è ambizioso: una controriforma della legge Fornero con un ritorno, più o meno velato, alle pensioni di anzianità.

«Dobbiamo rendere più flessibile la possibilità di pensionamento, trovando gli strumenti adatti e coerenti alle diverse situazioni. Come quelle socialmente problematiche di chi ha perso il lavoro in età avanzata ma non tanto da poter accedere alla pensione», ha aggiunto Poletti. In teoria, ma solo in teoria, il ministro sembra aprire all'utilizzo di «strumenti differenziati» per consentire l'uscita definitiva dal mercato del lavoro dei disoccupati più anziani. In pratica, non si può non leggervi un tentativo di scardinare l'impianto della riforma Fornero ritornando allo status quo ante attraverso un sistema, appunto, flessibile, fissando - ad esempio - i 62 anni di età come punto di caduta e introducendo penalizzazioni per chi si pensiona in anticipo (con un numero minimo di anni di contribuzione, almeno 35) e incentivi per chi rimane a lavorare fino a 70 anni.

Il decreto sulla Pubblica amministrazione, che consente il pensionamento anticipato di 4mila docenti, potrebbe essere un «antipasto». Ma quanto costa questa bella idea tanto cara al presidente della commissione Lavoro della Camera, il piddino «vecchio stampo» Cesare Damiano? «Quasi tutte le proposte che tutti i partiti hanno presentato in Parlamento - spiega l'esperto di previdenza, Giuliano Cazzola (Ncd) - prevedono una spesa pari al 50% dei risparmi che si conseguono con la riforma Fornero fino al 2020, cioè 40 miliardi».

Considerato che l'onere di una tale controriforma crescerebbe progressivamente, è difficile pensare che il premier Matteo Renzi possa essere entusiasta di una simile prospettiva, che è stata accolta entusiasticamente da Cgil, Cisl e Uil. A meno che non si tratti dell'ennesima mossa «acchiappa-consenso». Eppure ieri, presentando a Palazzo Chigi il decreto Sblocca-Italia (che però vedrà la luce il 28 agosto, dopo le vacanze), il presidente del Consiglio si è rivolto due domande: «Saremo in grado di garantire gli 80 euro? Sì, sì. Sara possibile estendere la platea? Non sono in grado di garantirlo, ci proveremo». Si capisce bene che 10 miliardi sono un macigno nelle attuali condizioni ed è quantomeno dissennato pensare di spenderne altri 4-5 per la flessibilità di pensionamento. Soprattutto considerata la premessa dello stesso premier: «Non c'è nessuna stangata perché le cose si stanno rimettendo in carreggiata».

L'ottimismo renziano, per quanto non suffragato da evidenze testimoniali, è un buon antidepressivo. «L'Italia è già ripartita», ha detto precisando che ci vogliono «le condizioni per ripartire in modo convincente» e «lavoreremo in agosto» perché ci sia «una ripartenza col botto a settembre». L'obiettivo è «fare di tutto per rimettere in moto l'economia», circostanza improbabile qualora arrivassero nuove tasse.

Ecco perché ieri il premier ha tirato fuori dal cilindro lo Sblocca-Italia: le misure dedicate ai cantieri, ha evidenziato, muovono «circa 30 miliardi» e più del 57% delle risorse «sono private». Analogamente, è stata annunciata, per quanto riguarda le ristrutturazioni edilizie, la stabilizzazione dell'eco-bonus e «una gigantesca operazione di efficientamento energetico». Finanziare queste norme comporterà necessariamente una spesa. Ieri il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha confermato la stretta sulle municipalizzate.

Ma il resto? «Se il 57% dei cantieri si fa con risorse private, il restante 43% il premier dove lo prende?», ha chiesto il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta sollecitando il premier a rispondere e a smetterla con i «giochi di prestigio».

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