Il governo sbaglia e noi paghiamo

La lettera del governo nella sua nebulosità mira a guadagnar tempo. Cerchio-bottismo di una sinistra sedicente liberale; minestra riscaldata che sa di rancido

Il governo sbaglia e noi paghiamo

La Commissione europea critica la lettera del governo italiano, circa la manovra correttiva di 0,2 punti di Pil perché generica e ritardata. Aggiunge che se essa fosse inadeguata, ne risentirebbe il nostro alto debito, che è nostro interesse stesso ridurre.

In effetti lo spread è tornato a salire, nonostante ci sia la manovra espansiva della Bce. Ma le preoccupazioni per quella lettera, che risente della manina di Renzi - sono soprattutto nostre, cioè dei contribuenti italiani, famiglie e imprese, dato che il governo ha scritto che la manovra sarà inserita nel Def, il Documento di economia e finanza, varato in aprile come atto programmatico e non come legge.

Se ci fossero le elezioni a giugno, la manovra si concentrerebbe sulla seconda parte dell'anno. E poiché il governo ha comunicato che essa per quattro quinti è sul lato dei tributi, cioè per 2 miliardi e 700 milioni, e solo per un quinto, cioè 680 milioni, sul lato delle spese, ciò comporterebbe - su base annua - una stangata fiscale di 2,7 per 2 = 5,4 miliardi, come compito del governo post elettorale.

Per di più la lettera è nebulosa sulle misure strutturali che prospetta. Essa infatti indica tre misure generiche di tipo fiscale. La prima consiste della eliminazione di esoneri fiscali per 350 milioni che moltiplicati per 2 diventano 700. La seconda misura consiste in lotte strutturali all'evasione, soprattutto col cosiddetto reverse charge cioè con la fatturazione Iva a carico del compratore anziché del venditore, in particolare per gli acquisti della grande distribuzione. Esso potrebbe dare 900 milioni che moltiplicati per 2 fanno 1,8 miliardi. Gli altri 1,450 miliardi che moltiplicati per 2 fanno 2,9 miliardi sarebbero ricavati da non specificati aumenti di accise. Quelle vigenti colpiscono benzina, gasolio e altri prodotti petroliferi e gas, alcolici, il gioco (dal lotto alle macchinette), l'elettricità, il tabacco, i telefoni. Ed ora anche l'ex canone Rai, pagato in bolletta. Uno sconquasso indeterminato di 5,4 miliardi che crea incertezze per le famiglie e le imprese in particolare, qui, per la grande distribuzione e dubbi sulla agibilità della manovra.

Infatti il reverse charge ovvero la fatturazione Iva dell'acquirente sia esso un fabbricante, un grossista, un dettagliante - per esser efficace va attuato selettivamente per beni e servizi per i quali vi è motivo di sospettare frodi Iva e concorrenza sleale. Ad esempio nel settore degli orologi, o delle auto di seconda mano o dei metalli preziosi, provenienti da luoghi sconosciuti e magari da ricettazioni e venduti o rivenduti in Italia. Ma bisogna far attenzione a non creare un buco informatico nella catena Iva, perché generalizzando lo schema a tutte le operazioni di una classe di beni si può perdere di vista un anello della catena Iva dall'origine al consumo. Così, se lo si applica agli orologi, non dovrebbe valere per i fabbricanti e grossisti italiani ed esteri di marche che si iscrivono in appositi registri: per essi varrebbero la procedura ordinaria per l'importazione ed esportazione e per la vendita all'interno. È sbagliato applicare in modo generale a un intero sotto settore commerciale - fra l'altro di difficile definizione - come la grande distribuzione il reverse charge; esso va delimitato a dati beni.

La lettera del governo nella sua nebulosità mira a guadagnar tempo, perché l'ex premier spera di far indire le elezioni in giugno e di vincerle. Ma colla dilazione e la genericità pregiudica l'obbiettivo, che dice di perseguire, quello di evitare l'effetto negativo sul Pil, perché raddoppia la stangata e crea incertezze.

Inoltre questa lettera, nel finale è contraddittoria: da un lato, dice che la crescita può esser maggiore del previsto, dall'altro che Trump (inviso alla Germania e agli snob, di casa, fra i dem) danneggia la crescita europea. Cerchio-bottismo di una sinistra sedicente liberale; minestra riscaldata che sa di rancido.

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